Vaia, cinque anni dopo
Prima la tempesta, poi il bostrico: come sono cambiate le nostre montagne
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A cinque anni dalla notte in cui la tempesta Vaia spazzò via migliaia di alberi e cambiato il volto dei nostri boschi, sul terreno restano circa 120 mila metri cubi di legname da rimuovere – la percentuale oscilla tra il 10 e il 15 per cento della quantità abbattuta – e una serie di riflessioni sulla gestione del bosco e sulla presenza del Bostrico tipografo, il piccolo coleottero che attacca prevalentemente l’abete.
I temi sono all’ordine del giorno del tavolo di lavoro istituito da Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia e Province autonome di Trento e Bolzano con l’università di Padova, per tutelare il territorio messo a dura prova dai cambiamenti climatici.
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I giorni della tempesta Vaia: la Carnia e il Pordenonese colpiti dalla pioggia e dal maltempo (Foto Petrussi - Missinato)
La tempesta Vaia
Nel 2018, in Friuli Venezia Giulia, la tempesta Vaia ha distrutto 3 mila 700 ettari di bosco. È stata una prima volta perché una tempesta tanto violenta su un territorio così esteso non era mai stata registrata.
Le immagini scattate nei giorni successivi al disastro dall’elicottero della Protezione civile, lasciano ancora senza parole: ettari ed ettari rasati al suolo sembravano dei campi di battaglia. Nessuno avrebbe potuto immaginare di vedere un numero così elevato di tronchi spezzati in una sequela di cumuli intrecciati. A terra c’erano 800 mila metri cubi di legname.
Era una quantità importante secondo il dirigente regionale della Direzione foreste, Rinaldo Comino, tutt’ora impegnato nella pianificazione degli interventi di bonifica, il quale, però, fa notare: «In volume la superficie forestale cresce di oltre un milione di metri cubi l’anno. Questo significa che a livello regionale non siamo rimasti senza foreste».
Le immagini della Carnia distrutta da Vaia dopo l'alluvione
In una notte, infatti, abbiamo perso la crescita di un anno. Questo non significa escludere il danno, bensì evidenziare che il danno maggiore è stato quantificato in termini qualitativi piuttosto che quantitativi. La maggior parte del legname a terra era deteriorato e la conferma arriva dai 4 milioni di euro di indennizzi riconosciuti ai privati e alle imprese forestali per compensare i minori introiti realizzati dalla vendita del legname deteriorato.
A questa cifra vanno aggiunti gli 8 milioni di euro destinati dalla Regione, attraverso contributi europei, alle bonifiche, alle sistemazione delle aree piene di ceppaie ribaltate, al ripristino delle strade forestali e ai rimboschimenti con specie autoctone.
Da allora è stato fatto molto anche se un nemico invisibile favorito dallo sconquasso provocato da Vaia, crea danni ben evidenti nelle foreste. «L’evento – spiega l’assessore regionale alle Risorse forestali, Stefano Zannier – ha creato un grosso impatto e, in parte, il Bostrico è una conseguenza provocata da Vaia. L’insetto attacca le piante in condizioni di stress e Vaia ha provocato molto stress». Allo stesso modo l’assessore fa notare che «il Bostrico trova terreno fertile nelle zone in cui alcune specie iniziano a soffrire per i cambiamenti climatici».
Viaggio nel Friuli che si rialza dopo la devastazione: tra alberi abbattuti, strade crollate e sogni olimpici, un mese dopo
La gestione del bosco
In un momento in cui le conseguenze dei cambiamenti climatici sono una realtà, la gestione del bosco merita più di una riflessione in funzione dei grandi ambiti forestali in stato di abbandono. E se questo è l’oggetto delle convenzioni siglate dal servizio forestale con l’università di Padova, lo sguardo va rivolto al passato, quando in ogni angolo di bosco la presenza umana non mancava, e al futuro perché i rischi ambientali e idrogeologici si fanno ogni giorno più evidenti.
Per rendere i boschi più resistenti ai venti, agli incendi e alle malattie va diversifica la quantità di alberi adulti, maturi, da quelli più giovani
Una volta definito l’equilibrio ottimale, in contesti più o meno impervi, la viabilità può cambiare le prospettive. «In questo momento abbiamo indici viari troppo bassi per assicurare una gestione corretta del bosco» rivela Comino, secondo il quale pure la viabilità esistente richiede interventi di mitigazione. «Molte strade costruite in passato sono troppo pendenti e, per questo motivo, percorribili a malapena con un trattore».
In una situazione ottimale, invece, «tutte le strade devono essere percorribili con i mezzi». Il dirigente regionale lo evidenzia ricordando che pure la tutela idraulica richiede vie di accesso meno pendenti. Già da alcuni anni, infatti, la Regione finanzia adeguamenti funzionali e ritombamenti dei tratti pendenti. Tecnici e progettisti studiano tracciati più sicuri per gli operatori e più resistenti nel caso di fenomeni atmosferici intensi.
La mancanza di strade rende impossibile il recupero di una parte degli almeno 120 mila metri cubi di legname ancora a terra. «Sono rimaste fuori le aree non servite dalla viabilità forestale» conferma il dirigente citando i 4 milioni di euro, due sono stati accantonati nel fondo regionale, a disposizione per il miglioramento della reate viaria.
Allo stesso modo pure la parcellizzazione delle proprietà non facilita gli interventi anche se, rende noto il dirigente, dal 2018 le Regioni e gli enti pubblici possono intervenire sui terreni silenti. Parallelamente procede la semplificazione delle procedure per aumentare il tasso di tracciabilità del legname al fine di potenziare la filiera e la sostenibilità della foresta.
Le piantumazioni
Un altro elemento chiave nella gestione dei boschi è rappresentato dalle eventuali piantumazioni di piante al posto di quelle abbattute dal vento. Una scelta tutt’altro che scontata nel momento in cui manca la materia prima, ovvero le piantine.
Elena Piutti, foresta del Cansiglio, spiega per le 'buone pratiche' di rimboschimento
«Da qualche decennio l’Italia, e quindi la Regione, ha abbandonato la produzione vivaistica per favorire il rinnovo naturale del bosco». Comino lo spiega con un certo dispiacere, bocciando tale approccio. «Ovunque, Austria e Germania compreso, viene adottato il principio generale del taglio e del ripristino artificiale» chiarisce il dirigente secondo il quale «il taglio a raso e il rimboschimento dovrebbe essere una tecnica ammessa non promossa come avviene tutt’ora». Tant’è che oggi anche avendo la pretesa di rimpiantare le aree distrutte da Vaia non abbiamo le piantine a disposizione.
Il bostrico
In Friuli Venezia Giulia il bostrico ha danneggiato 1.200 ettari di bosco per una massa complessiva di 170 mila metri cubi di legname.
Ma che cos'è il bostrico?
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Scorri verso destra o clicca sulla freccia in basso ( Tutte le info su Foresta Fauna Provincia Trento )
I numeri in Friuli Venezia Giulia
Siamo passati dai 215 nuovi ettari attaccati nel 2020 ai 450 dell’anno successivo per scendere, nel 2022, a 360 ettari. «Quest’anno ci attendiamo un dato leggermente in discesa» afferma il dirigente invitandoci a non ritenerlo un trend consolidato visto che i cambiamenti climatici stanno mandando in sofferenza alcune specie, rendendole più suscettibili agli attacchi anche del bostrico.
La mappa del Friuli Venezia Giulia e la presenza del bostrico nelle foreste della regione
Un caso per tutti: da alcuni anni l’abete rosso vegeta in un ambiente troppo caldo o troppo secco e per questo viene attaccato con maggior intensità dal bostrico. Una rilevazione, questa, che non può essere trascurata nella scelta delle eventuali piantumazioni: «Bisogna favorire le specie in grado di sopportare il caldo – avverte Rinaldo –, il faggio e l’abete bianco sono solo due esempi». Ma su questo aspetto l’assessore usa una certa cautela.
«Pensare di eliminare il bostrico con un intervento umano è un’utopia, non esiste un intervento in grado di risolvere il problema» precisa Zannier citando i 2,5 milioni di indennizzi già erogati. A breve sarà definita anche la seconda tranche di finanziamento.
In Veneto e in Trentino Alto Adige
In Veneto
Almeno 400 sfollati, circa 113.000 utenze senza elettricità, otto paesi completamente isolati per giorni, dove si arrivava solo a piedi o in elicottero, l’esondazione del Piave che ha toccato il suo massimo storico e di molti altri corsi d’acqua con frane e smottamenti, 36 strade provinciali e regionali danneggiate, per un totale di 457 chilometri senza contare la rete viaria comunale: la tempesta Vaia ha prodotto in Veneto danni per un miliardo e cento milioni, a fronte dei quali lo Stato ha stanziato quasi l’intera somma: un miliardo e nove milioni, ad essere precisi. A distanza di cinque anni, dei 2.527 cantieri messi in programma, di cui 1.814 in provincia di Belluno, più della metà è stata portata a termine, e gli altri procedono. “Senza contestazioni”, sottolinea l’assessore regionale Gianpaolo Bottacin.
Il fronte idrogeologico è quel che ha fatto registrare i maggiori danni, ha avuto la priorità degli interventi. Ma a segnare lo sguardo, a lasciar traccia del passaggio della tempesta, sono soprattutto le ferite dei boschi. E non è solo una questione di paesaggio, ma di economia per le terre alte.
I venti di scirocco a oltre 200 chilometri orari di Vaia hanno abbattuto circa 16 milioni di alberi, pari a 8,5 milioni di metri cubi di legname, su una superficie di 41mila ettari di terreno. Complessivamente in Veneto a causa di Vaia sono andati distrutti 20.000 ettari di bosco con 4 milioni di metri cubi di legname a terra, per la maggior parte nella provincia di Belluno (67%), in parte in quella di Vicenza (32%) e solo minimamente in quella di Treviso (1%).
In Alto Adige
In Alto Adige la tempesta ha colpito circa 6.000 ettari di boschi, pari all'1,7% della superficie forestale totale, in 91 comuni. Per garantire un accesso sicuro alle aree danneggiate, e rimuovere il legname schiantato, è stato necessario ripristinare molte strade forestali in disuso. La Provincia di Bolzano ha messo inizialmente a disposizione 12,3 milioni di euro per la realizzazione di 370 progetti, a cui si sono aggiunti 3,5 milioni per ripristinare la funzione protettiva delle foreste e dieci milioni in azioni di rimboschimento. «Negli ultimi anni sono stati erogati complessivamente 23,8 milioni di euro per la rilavorazione del legname danneggiato da Vaia», ha spiegato l'assessore competente, Arnold Schuler.
Simile la situazione in Trentino, dove Vaia ha distrutto 20.000 ettari di foresta, con oltre quattro milioni di metri cubi di legname abbattuto. Anche in questo caso, dopo i primi interventi di recupero degli alberi schiantati, sono stati messi in campo diversi progetti di ripristino, anche grazie all'assunzione di 130 nuovi operai forestali.
Attualmente vengono messe a dimora 400.000 piantine all'anno, per una superficie di nuovo bosco di 250 ettari ogni 12 mesi. Si tratta di piante autoctone, quali larici, faggi, aceri, sorbi dell'uccellatore, tigli, castagni, pioppi e salici, che andranno lentamente a sostituire le conifere. Le foreste di abeti e pini, piantate nell'Ottocento per rimboschire velocemente il territorio, verranno infatti sostituita dalle latifoglie, che garantiscono una maggiore biodiversità. L'attività di rimboschimento è tuttavia ostacolata dalla diffusione del bostrico.
Nelle due provincie sono già stati colpiti circa 20.000 ettari e gli esperti stimano che i danni causati dal parassita supereranno nel tempo quelli della tempesta stessa. La maggiore diffusione delle piante latifoglie dovrebbe però garantire una maggiore protezione del boschi da eventi estremi e parassiti.
Long Vaia e il business del legno bostricato
Vaia ha cambiato tante cose, ha smosso un sistema ed ha lanciato numerose sfide che forse non abbiamo ancora colto in tutta la loro valenza.
La tempesta non è stato un semplice episodio, se pure di dimensioni mai viste prima, ma prosegue, con una sorta di long Vaia, con la distruzione dei boschi che il bostrico sta attuando progressivamente nelle stesse zone
Le parole sono di Antonio Brunori, segretario generale di Pefc Italia, l'ente che garantisce la provenienza del legno da foreste gestite in modo sostenibile. A lui abbiamo chiesto cosa resta della tempesta che ha scosso il Veneto e il Friuli Venezia Giulia e la fotografia cinque anni dopo.
Un disastro che continua?
Certamente, che è proseguito in tutti questi cinque anni. Mi capitò allora di parlarne proprio in Veneto, nel corso di una intervista; all'epoca sostenevo, e qualcuno mi dette della Cassandra, che una foresta così indebolita dalla tempesta più potente che si ricordi a memoria d'uomo avrebbe potuto dare spazio al bostrico.
E i proprietari dei boschi, i privati, i Comuni, le Regole - prosegue Brunori - videro sconvolte la loro pianificazione e la tradizionale gestione della risorsa legno. Si può ben comprendere lo sconvolgimento non solo economico, ma anche psicologico, sociologico, naturalistico che ne derivò. In particolare la pianificazione saltò completamente perché la selvicoltura è anzitutto sostenibilità, taglio programmato, scelta delle piante mature da eliminare anche per dare luce e vita alle piante giovani. Le zone del Nordest d'Italia possiedono le aree forestali più belle del nostro Paese. Bene, vennero abbattuti dal vento 7,5 milioni di metri cubi di legname, 20 milioni di alberi, anche per le particolari caratteristiche di Vaia.
Antonio Brunori, segretario generale di Pefc Italia
Il bosco preso alle spalle, Brunori sottolinea, infatti, che si trattò, cinque anni fa, della prima tempesta proveniente da Sud, mentre di solito le grandi perturbazioni arrivavano da Nord.
Il mare Mediterraneo era troppo caldo, tre o quattro gradi sopra alla media del periodo, ed una cellula di aria fredda innescò la tempesta. La vegetazione non era preparata proprio perché tradizionalmente più protetta a Nord. Fu come se venisse presa alle spalle. Questa la cronaca di 5 anni fa.
Sarebbe stato possibile fare qualcosa di più?
"Il legno morto doveva essere eliminato oltre il 95% per evitare l'epidemia - sostiene Antonio Brunori - ma non tutti ci sono riusciti.
- La provincia di Bolzano ha esboscato il 100% delle piante cadute a terra e non ha subito attacchi di bostrico;
- il Trentino il 70% e ha segnato attacchi da bostrico mai registrati prima;
- il Friuli il 70% e idem per i danni
- il Veneto, purtroppo, meno del 60% del legname ed il bostrico ha avuto vita facile.
Che fare del legname bostricato? Bostrico uguale legname da buttare?
No, questa è un'altra convinzione da sfatare. È vero che la moria da bostrico ha delle conseguenze sulla qualità del legname, la pianta muore in piedi, l'insetto mangia la parte viva e, in 2 o 3 settimane, l'albero si secca diventando azzurrino a causa di un fungo. Ma il legno tecnologicamente è ancora valido: viene deprezzato da chi fa ad esempio tavole, ma apprezzato dal punto di vista estetico, ad esempio, dagli architetti proprio per questa sua sfumatura. Poi è chiaro che tanto materiale disponibile, quindi tanta offerta, fa abbassare i prezzi. Ed è per questo che noi invitiamo a comprare legno italiano, che è anche più conveniente.
La Filiera solidale: che cos'è?
Pefc ha anche attivato una 'Filiera Solidale', con l'appello all'esbosco e l'approvvigionamento nazionale; una iniziativa che mette in contatto i proprietari forestali con gli imprenditori del legno per avere un prezzo equo e solidale.
Gesù ricavato da un albero abbattuto dalla tempesta Vaia: la nuova scultura di Mauro Corona
"La filiera è stretta conseguenza di questa tempesta - evidenzia Brunori - e vuole proporre ai nuovi imprenditori, designer, a chi costruisce case in legno un patto solidale a favore delle aree interne, quelle che hanno subito maggiori danni. Una piattaforma di scambio che vede già operativi 140 fra proprietari, organizzazioni e industrie della filiera che hanno aderito alla nostra proposta. Slow Food, ad esempio, ha realizzato taglieri fatti con legno di Vaia per le loro manifestazioni, bancali in legno, pavimentazioni di stand. Tutto per valorizzare il legno italiano che costa meno ed i cui proventi restano in montagna."
Però poi c'è tanto legname che è marcito nel bosco.
"Il legname a terra dopo tre o quattro anni è ormai diventato humus, poltiglia, terriccio. Anche perché è stato esboscato quello più vicino alle strade, quello facilmente raggiungibile. In altri punti si è fatto un notevole lavoro per ripristinare le strade forestali distrutte dalla tempesta, così da consentire il transito di mezzi per il recupero dei tronchi. Laddove nemmeno le teleferiche riuscivano ad operare, sarebbero serviti gli elicotteri, che però hanno costi molto alti, che non rendono economica l'operazione."
Come sono stati recuperati gli alberi di Vaia: la lezione del Trentino Alto Adige
La lezione di Vaia, infine?
"Dobbiamo tutti comprendere che Vaia, nella sua forza dirompente e devastante ci ha indicato anche cosa potrà avvenire in futuro. Non a caso abbiamo avuto già tre mini-Vaia in Trentino Alto Adige ed una in Comelico, a Campolongo di Cadore.
Mini-Vaia. Cosa è successo al campeggio Comelico (estate 2023) - scorri verso destra per vedere tutte le foto
Le foreste sono indebolite, le temperature sono sempre più elevate, quindi la vera lezione di Vaia è quella di pensare alle foreste con occhi e metrica diversi. Abbiamo bisogno di boschi con maggiori varietà di alberi, non solo abete rosso; con piante di diversa età che sappiano anche ripristinare la compattezza dei pendii; e poi dobbiamo assicurare la foresta. Le proposte delle assicurazioni ci sono, sono i proprietari che invece non sono abituati ad assicurare un bene che ritenevano solido e da cui pensavano di poter trarre solo benefici economici." Insomma, la tempesta Vaia ha squarciato un altro velo, che è quello di una necessaria gestione attiva del patrimonio boschivo in Italia.