
Odonomastica coloniale a Milano
Introduzione
L’Imperialismo coloniale rappresenta uno degli aspetti centrali della storia unitaria nazionale, che attraversa in modo determinante l’Italia liberale e il periodo fascista, ma che ha strascichi e conseguenze in epoca repubblicana. Tracce di questa politica si ritrovano ancora oggi nell’odonomastica anche della città di Milano: le ricerche condotte dall’Istituto Ferruccio Parri di Milano hanno permesso di evidenziare che le titolazioni risalgono in gran parte al Regno d’Italia e all’epoca fascista, ma con qualche caso anche in età repubblicana.
Mappa
Nella mappa che segue sono state geolocalizzate un centinaio di strade e piazze di Milano intitolate a militari, esploratori, battaglie, città e altre località o persone connesse alla storia coloniale italiana. All’elenco si aggiungono anche quegli istituti culturali e monumenti che hanno avuto un ruolo centrale nel dibattito sul colonialismo italiano.
Progetto a cura dell'Area Museo delle Culture, Progetti Interculturali e Arte nello Spazio Pubblico. Ricerche e testi a cura dell'Istituto Nazionale Ferruccio Parri.
Inquadramento storico sull’imperialismo coloniale africano e sull’imperialismo balcanico dell’Italia liberale e fascista
L’Italia è stata fra le ultime nazioni europee a promuovere una politica coloniale, anche per questo motivo il suo dominio è stato tra i più brevi, oltre ad essere uno dei meno estesi e meno produttivi tra gli imperi che si sono creati, o si sono consolidati, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Ciò nondimeno l’Imperialismo coloniale rappresenta uno degli aspetti centrali della storia unitaria nazionale, che attraversa in modo determinante l’Italia liberale e il periodo fascista, ma che ha strascichi e conseguenze anche in epoca repubblicana. Tracce di questa politica si ritrovano ancora oggi nella odonomastica della città di Milano: le titolazioni risalgono in gran parte proprio alle prime due epoche - Regno d’Italia e fascismo - ma in qualche caso all’età repubblicana.
Attraverso lo studio delle delibere del Consiglio comunale di Milano e delle delibere di Giunta, conservate presso la Cittadella degli Archivi, è stato possibile ricostruire il periodo storico in cui l’amministrazione cittadina ha denominato le sue strade e le sue piazze con espliciti riferimenti alle campagne coloniali.
Gli odonimi presenti sulla mappa sono suddivisi in sei aree tematiche: i riferimenti più ricorrenti sono quelli ai luoghi, suddivisi in luoghi coloniali e luoghi dei Balcani e dell’Adriatico. Rilevante è anche la presenza dei militari, categoria che comprende ufficiali delle forze armate regolari ma anche volontari partiti a seguito della guerra d’Etiopia. Per ognuno di essi è riportata anche l’indicazione di eventuali decorazioni di guerra che il governo dell’Italia liberale o dell’Italia fascista hanno voluto conferire loro in riferimento al ruolo che hanno avuto nella conquista coloniale.
Sono poi presenti le personalità politiche ed istituzionali che hanno avuto ruoli di primo piano nelle istituzioni italiane coinvolte direttamente nell’attuazione delle politiche coloniali, e le personalità economiche e culturali che, in diversi ambiti e a vario titolo, hanno avuto un ruolo rilevante nel creare e/o diffondere una cultura volta a legittimare la conquista dei territori. Infine sono stati individuati anche quei musei e monumenti presenti sul territorio milanese che hanno avuto un ruolo centrale nel dibattito sul colonialismo italiano.
Imperialismo coloniale in Africa
Alla fine dell’Ottocento l’Italia era uno Stato unitario appena nato, con un’economia ancora piuttosto arretrata, scarsamente rilevante a livello internazionale e privo di qualsiasi esperienza coloniale.
Il primo approdo al continente africano avviene nel 1869, quando l’armatore Raffaele Rubattino acquista i diritti su un piccolo scalo sulle coste dell’Eritrea, la baia di Assab, per poi rivenderli allo Stato italiano nel 1882.
Inizia così a svilupparsi in Italia un immaginario coloniale, al quale contribuiscono anche i resoconti degli esploratori e dei viaggiatori che riportavano in Italia racconti, e talvolta anche oggetti, di un mondo lontano e rappresentato come esotico. La nascita delle prime società geografiche - ai cui esploratori sono intitolate diverse vie nel periodo liberale - dà ulteriore impulso al finanziamento e alla diffusione delle nuove scoperte, mentre giornali e romanzi di viaggio contribuiscono a plasmare l’immaginazione degli italiani.
È in questo clima che nel 1885 le truppe italiane sbarcano a Massaua, da dove inizia una lenta avanzata fatta di difficoltà, scarsi riscontri commerciali e insidie impreviste – su tutti la sconfitta di Dogali del 1887. Tale avanzata porta nel 1889 alla creazione ufficiale della Colonia Eritrea: nasce così quella che sarebbe stata poi detta dai colonialisti “la Colonia primigenia”. Da lì le spinte espansionistiche continuano verso la vicina Etiopia, raggiungendo il culmine nello scontro di Adua del 1896, quando l’esercito etiopico del negus Menelik II sbaraglia le truppe italiane e mette in evidenza tutte le debolezze del colonialismo italiano.
Nel 1889 l’Italia acquisisce anche i diritti per l’occupazione del Benadir dal sultano di Zanzibar, in quella che poi sarebbe stata la Somalia, dapprima affidato alla gestione di compagnie commerciali private e poi dal 1905 amministrato attraverso il dominio diretto.
Tuttavia da allora le sconfitte militari e gli scarsi ritorni economici portano a una fase di minor spinta colonialista, che dura fino alla decisione nel 1911 del primo ministro Giolitti di conquistare la Libia, all’epoca possedimento dell’impero Ottomano. La pace del 1912 tra Italia e Turchia sancisce l’annessione della Libia e delle isole del Dodecaneso al Regno d’Italia, e porta alla nascita del Ministero per le Colonie. Sembra un grande dominio ma in realtà la situazione è molto diversa. La resistenza arabo-turca continua per anni a mettere in difficoltà l’esercito italiano, tanto che fino ai primissimi anni Trenta l’Italia non riesce ad avere il controllo del territorio libico.
Si torna a parlare di impero e di politiche coloniali con Mussolini, che nel corso degli anni Venti usa il mito della grandezza di Roma per avallare la riconquista armata di molti territori, soprattutto della Libia e della Somalia, attraverso violenze, deportazioni e campi di concentramento. Quello fascista è anche il periodo storico al quale risale la stragrande maggioranza delle intitolazioni odonomastiche milanesi che fanno riferimento all’esperienza coloniale. I nomi di militari, città, esploratori non necessariamente del Ventennio, ma anche risalenti ai “primordi” liberali dell’espansione coloniale nazionale, diventano uno degli strumenti utilizzati dal fascismo per veicolare l’immagine di un’Italia “nuova” impegnata nella conquista del proprio “posto al sole”.
La politica espansionistica e violenta del fascismo si manifesta nel 1935 con l’aggressione dell’Etiopia, presentata come mezzo per vendicare la sconfitta di Adua del 1896 e confermare (in realtà: promuovere) l’Italia al rango di potenza internazionale di primo livello. Con uno sforzo militare imponente, e con l’uso indiscriminato della violenza e di gas tossici per reprimere la resistenza locale, il fascismo proclama la nascita dell’Impero e dell’Africa orientale italiana, raccontati alla società italiana anche attraverso un grande lavoro propagandistico.
Nel corso della Seconda guerra mondiale l’Impero italiano inizia a disgregarsi: dapprima sono i possedimenti africani ad essere presi dagli eserciti anglostatunitensi, che con pesanti sconfitte costringono gli italiani a lasciare prima il Corno d’Africa (1941) e poi la Libia (1943). Di fatto con il 1943 l’esperienza coloniale italiana si chiude definitivamente.
I trattati di pace del 1947 sanciscono la perdita di tutti i possedimenti coloniali: all’Italia verrà poi affidata l’Amministrazione fiduciaria della Somalia, stabilita dalle Nazioni Unite nel 1950 per consentire al paese africano di arrivare all’indipendenza del 1960.
I possedimenti italiani in Africa
Eritrea
La prima tra le colonie ad essere occupata dall’Italia. Il punto di partenza è il piccolo possedimento del governo italiano nella baia di Assab nel 1882, poi da allora al 1890 il dominio si amplia e la Colonia Eritrea è dichiarata ufficialmente. Alla conquista italiana si contrappone una resistenza locale e poi etiopica, che infligge importanti sconfitte all’esercito, come quelle di Dogali del 1887 e dell’Amba Alagi del 1895. Nel 1936 l’Eritrea entra a far parte dell’Africa orientale italiana ma nel corso della Seconda guerra mondiale gli inglesi conquistano il suo territorio, mantenendo il controllo militare dell’Eritrea fino al 1949.
Nel 1950 l’Eritrea è dichiarata regione federata dell’Etiopia per volontà delle Nazioni Unite, ma la complessa convivenza tra i due paesi porta a una lunga guerra civile tra Eritrea ed Etiopia che si conclude con l’indipendenza dell’Eritrea del 1991-1993.
Somalia
Ufficialmente la Somalia italiana è istituita nel 1908, riunendo in un’unica entità amministrativa i diversi sultanati di cui l’Italia aveva avuto il protettorato negli ultimi anni del XIX secolo.
Nel 1936 la Somalia entra a far parte dell’Africa orientale italiana ma nel corso della Seconda guerra mondiale i suoi territori sono progressivamente conquistati dall’esercito britannico, che mantiene il controllo del paese fino al 1950. In quell’anno l’ONU affida all’Italia l’Amministrazione fiduciaria della Somalia (comprendente tanto la vecchia Somalia italiana quanto il Somaliland britannico e la Gibuti francese), con il compito di sostenere il paese nel processo di indipendenza, che acquisisce nel 1960.
Libia
La guerra italo-turca dichiarata dall’Italia all’Impero ottomano nel 1911 ha l’obiettivo di far entrare la Libia (Tripolitania, Cirenaica e Fezzan) tra i possedimenti italiani. La pace di Losanna del 1912 sancisce la fine del conflitto e, l’anno successivo, a livello internazionale è riconosciuta la sovranità italiana sulle regioni della Tripolitania, della Cirenaica, del Fezzan e sulle isole greche del Dodecaneso. La forte resistenza locale impedisce all’esercito italiano di avere il pieno controllo del territorio, rendendo necessarie azioni di riconquista, soprattutto nei territori interni, che proseguono fino al 1932.
Nel corso della Seconda guerra mondiale la Libia è occupata dalle truppe anglostatunitensi e il trattato di pace del 1947 assegna alla Gran Bretagna l’amministrazione dei suoi territori fino alla loro indipendenza del 1951.
Etiopia
Un primo tentativo da parte dell’Italia di estendere la propria influenza sui territori dell’Etiopia avviene nel 1889 con il Trattato di Uccialli, la cui differenziata redazione (due versioni diverse, una in lingua italiana e una in amarico) prevede appunto astutamente un protettorato italiano che l’Etiopia di Menelik II rifiuta. Si arriva così alla prima guerra italo-etiopica, nota in Italia anche come guerra d’Abissinia (1895-96), che si conclude con la sconfitta italiana ad Adua nel 1896.
Un secondo tentativo di conquista è messo in atto dal fascismo nel 1935, quando Mussolini dichiara guerra all’Etiopia di Hailé Selassié, riuscendo ad avere la meglio dell’esercito etiopico solo attraverso l’uso della violenza indiscriminata e dei gas tossici. La fine del conflitto, nel 1936, porta alla proclamazione dell’Impero da parte di Mussolini, alla nomina del re Vittorio Emanuele III a Imperatore d’Etiopia e alla creazione dell’Africa orientale italiana (AOI) sulle precedenti colonie d’Eritrea e Somalia cui si aggiunge ora l’Etiopia.
Nel corso della Seconda guerra mondiale l’AOI è battuta e occupata dall’esercito britannico. Ma già nel 1941 Hailé Selassié è tornato e dopo la fine della guerra mondiale l’Etiopia riacquista l’indipendenza. Nel 1950 le Nazioni Unite le affidano l’Eritrea in qualità di regione federata, una decisione che poi porterà al conflitto tra i due paesi, che termina nel 1991-1993 con l’indipendenza dell’Eritrea.
Imperialismo nei Balcani e nell’Alto Adriatico
I territori dell’Alto Adriatico raccontano una storia tutta diversa da quella dell’imperialismo africano e coloniale dell’Italia liberale e fascista: è la storia dell'espansionismo estero, dell’imperialismo balcanico.
All’indomani della Prima guerra mondiale il tema delle conquiste territoriali italiane è portato in primo piano nel dibattito pubblico dalle vicende legate alla città di Fiume (e al territorio della Dalmazia), non menzionato nel Patto di Londra del 1915 e che i trattati di pace firmati a Versailles nel 1919 quindi non concedevano all’Italia. La presenza italiana nei Balcani è al centro dell’attenzione pubblica, per via della spedizione fiumana del 1919 guidata da Gabriele D’annunzio, ma anche per l’occupazione di altre città ed isole, soprattutto della penisola del Quarnaro, e per la fine del Protettorato italiano in Albania, in vigore tra il 1917 e il 1920.
Nel 1939 la politica espansionistica di Mussolini si rivolge nuovamente verso l’Albania che, dopo essere stata a lungo oggetto del desiderio di conquista italiano nei decenni precedenti, subisce l’invasione militare e rapidamente viene trasformata nel Protettorato italiano del Regno d’Albania.
Le vicende legate alla Seconda guerra mondiale però cambiano in breve tempo lo scenario. Il controllo italiano si sfalda rapidamente, a causa delle difficili sorti del conflitto e di una resistenza interna sempre più organizzata. Di fatto con il 1943 l’esperienza coloniale italiana si chiude definitivamente.
I possedimenti italiani nell’Alto Adriatico e nei Balcani
Alto Adriatico
Questi territori sono oggetto di aspra contesa nel periodo successivo alla conclusione della Prima guerra mondiale, quando a seguito della dissoluzione dell’Impero austro-ungarico entrano a far parte dello Stato unitario serbo-croato-sloveno. La mancata assegnazione di alcuni di essi all’Italia genera la reazione violenta di una parte dei nazionalisti italiani, che (in malafede) ritengono siano stati violati gli accordi stipulati attraverso il Patto di Londra prima dell’entrata dell’Italia nella Grande Guerra.
Il corpo di miliziani volontari, guidati da Gabriele D’Annunzio, occupa militarmente la città di Fiume nel 1919 per poi provare a estendere il dominio italiano anche nell’intera zona del Quarnaro. Il Trattato di Rapallo del 1920 sancisce la fine di ogni disputa grazie ad un compromesso fra due nazionalismi, quello italiano e quello unitario iugoslavo: la città di Zara diventa parte dell’Italia, la città di Fiume è riconosciuta come Stato indipendente e le isole del Quarnaro sono suddivise tra Italia e Regno dei Serbi, Croati e Sloveni.
Un ulteriore passo verso la risoluzione per via diplomatica degli scontri avvenuti nel dopoguerra è la divisione dello Stato di Fiume che, con il trattato di Roma del 1924, viene suddiviso tra Italia e Jugoslavia. Al compromesso in campo diplomatico corrisponde una politica di intransigente nazionalismo da parte del nuovo governo fascista, che inaugura un violento processo di italianizzazione nel territorio triestino e della Venezia Giulia, con l'obiettivo di eliminare qualsiasi riferimento linguistico e culturale che non fosse italiano.
Il territorio jugoslavo torna ad essere oggetto di conquista militare italiana nel corso della Seconda guerra mondiale, quando l’invasione italo-tedesca del 1941 smembra la Jugoslavia e l’Italia annette ai suoi territori la Slovenia meridionale e la Dalmazia, dove la repressione di ogni forma di resistenza è feroce: rastrellamenti, stragi e campi di concentramento sono il modo con cui l’Italia vuole imporre il suo dominio.
L’armistizio dell’8 settembre 1943 segna la fine della volontà di conquista italiana sui territori della Dalmazia e della Slovenia, che nel 1944 sono liberati dai partigiani guidati da Tito, e al termine della Seconda guerra mondiale entrano a far parte della Jugoslavia.
Gli anni che portano al Memorandum di Londra del 1954, in cui la città di Trieste è suddivisa in due distinte zone di amministrazione, una italiana e una jugoslava, sono caratterizzati dal lungo e doloroso esodo degli italiani di Fiume e dell’Istria, costretti ad abbandonare una zona storicamente ad alto insediamento italiano per trasferirsi nella Penisola.
Albania
Nel 1939 Mussolini ordina l’occupazione militare dell’Albania, sancendo la nascita del Protettorato italiano del Regno d’Albania, con il re Vittorio Emanuele III che diventa sovrano anche del territorio albanese. Da subito inizia un intenso processo di italianizzazione e fascistizzazione del paese, in cui viene istituito anche il Partito fascista albanese.
L’armistizio dell’8 settembre 1943 provoca uno sbandamento generale delle forze armate italiane, comprese le loro truppe presenti sul territorio albanese. L’occupazione fascista dell’Albania (e, con essa, quella di parte della Iugoslavia compresa l’incorporazione della provincia slovena di Lubiana) ha fine. La fine dell’influenza italiana sull’Albania è poi sancita ufficialmente dal trattato di pace del 1947.