
Il futuro dell'energia passa per le Comunità Energetiche
La sfida climatica
La crisi climatica non può e non deve lasciarci indifferenti. Ci restano meno di 10 anni per provare a mantenere l’incremento delle temperature entro la soglia di 1,5° rispetto ai livelli pre-industriali come la scienza ci sta dicendo ormai da tempo. Infatti, superarla anche solo di mezzo grado, secondo il rapporto dell’IPCC, significherebbe condannare tutto il Mondo a inondazioni, siccità, estinzione di intere specie e povertà diffusa.
Ma quello dei cambiamenti climatici è un fenomeno già in atto, basti pensare, infatti, che in Italia dal 2010 ad oggi sono avvenuti 946 gli eventi climatici estremi .
Una media di 94 eventi l’anno che hanno coinvolto 507 Comuni, provocato per 347 volte l’interruzione di infrastrutture, 416 allagamenti e 118 esondazioni fluviali.
Una tendenza che andrà ad aumentare non solo nel numero di eventi, ma anche nell’intensità dei fenomeni, come dimostra lo studio di Nature che evidenzia come, dal 1870 al 2016, questo fenomeno riguardi tutti i 37 Paesi dell’UE.
Flood occurrences and fatalities. Total number of flood events and fatalities (unadjusted, reported values) between 1870 and 2016, a by month and b by country. Source of data: HANZE database with country borders from PBL . From: Trends in flood losses in Europe over the past 150 years.
Photo by Hermann Traub on Pixabay
Una situazione che secondo l’ Enea metterà a rischio circa 47 aree a rischio inondazione . Da nord a sud.
Tra queste Lesina in Puglia, con previsione di arretramento delle spiagge e delle aree agricole. Ma anche Siracusa dove sono previsti la perdita di 6 kmq di territorio a Granelli (Siracusa), in Sardegna a Sassari con previsioni di perdita di costa di circa 2 kmq e Campo Marina nell’Isola d’Elba dove gli studi fanno registrare la perdita di almeno un centinaio di mq di suolo costiero.
Un fenomeno che interesserà tantissime aree diverse del nostro Paese , in base al livello di innalzamento dei mari.
Photo by Markus Distelrath on Pixabay
Fenomeni provocati dal costante aumento della temperatura globale , a causa delle emissioni climalteranti derivanti dalle attività dell’uomo. E più precisamente dal suo modo di produrre e consumare energia.
La mappa mostra uno scenario climatico futuro.
Interagisci con la mappa ed esplora le proiezioni delle anomalie di temperatura per il periodo 2040-2059. La scala cromatica rappresenta la temperatura media annuale prevista in termini di gradi C sopra / sotto la media storica.
Secondo quanto riportato nel Piano Integrato Energia e Clima dal Governo , le fonti fossili utilizzate per soddisfare i fabbisogni di energia elettrica e termica, come carbone, petrolio e gas, sono responsabili del 24% delle emissioni climalteranti. A queste si aggiungono quelle generate dai trasporti, a cui va un altro 24%, quelle legate al settore residenziale e commerciale per il 17%, quelle del settore industriale con l’11% e del settore agricolo con il 9%.
Photo by Worksite Ltd. on Unsplash
Agenda 2030
Per combattere i cambiamenti cimatici e affrontare con coraggio l’emergenza in atto abbiamo bisogno di obiettivi concreti: a partire dallo sviluppo di un nuovo modello energetico basato sull’uscita dalle fonti fossili e su una strategia di adattamento e rigenerazione che parta dalle città e coinvolga le aree interne, la tutela delle foreste e del suolo. Che sia in grado di ridurre il rischio idrogeologico, di rispondere all’emergenza siccità. Un modello che spinga fin da subito interventi di riqualificazione in chiave energetica e sismica per l’edilizia, le fonti rinnovabili, una nuova agricoltura sostenibile, una mobilità sostenibile a zero emissioni, senza dimenticare una concreta riconversione industriale ed economica a favore del paradigma circolare.
In particolare per uscire dalle fonti fossili è necessario puntare su un nuovo modello energetico, basato sulle fonti rinnovabili, accumuli e smart grid. In cui i consumatori assumano un ruolo attivo nel sistema energetico, attraverso pratiche di autoproduzione e scambio di energia su piccola scala.
Modelli come questi, detti anche Comunità energetiche, contribuiscono al raggiungimento di ben 7 SDG!
Obiettivo 1: Porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo.
Tra le povertà del mondo vi è quella energetica.
In particolare in Italia il 16,8% delle famiglie vive in condizioni di precarietà energetica, ovvero fa fatica a sostenere tutte le spese energetiche che sarebbe necessario affrontare, ed è costretta a rinunciare a parte di questi consumi. Dal riscaldamento invernale, al raffrescamento estivo.
Photo by Milo Miloezger on Unsplash
Obiettivo 2: Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile.
Le fonti rinnovabili possono contribuire enormemente allo sviluppo di un’agricoltura sostenibile. Basti pensare al ciclo del biogas e del biometano fatto bene . Infatti un buon impianto, ben progettato, in un’azienda agricola crea le condizioni per produrre energia pulita, ma anche per modificare profondamente le pratiche agricole: precision farming, concimazione organica, rotazioni diversificate, utilizzo degli effluenti e dei sottoprodotti in digestione anaerobica che permettono alle aziende di migliorare la loro posizione competitiva e di ottenere una riduzione dell’inquinamento e delle emissioni anche superiore al 100% rispetto ai combustibili fossili.
Già oggi nel nostro Paese sono tantissime le esperienze in campo nel settore agricolo, dove a svolgere un ruolo rivoluzionario non sono solo le bioenergia, ma anche il solare fotovoltaico e termodinamico.
Photo by tee zett on Pixabay
Obiettivo 7: Assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni.
Le rinnovabili, associate a sistemi di accumuli, a reti intelligenti e a modelli di comunità energetiche e di autoproduzione possono svolgere un ruolo fondamentale nella riduzione dei costi in bolletta degli utenti e delle famiglie. Contribuendo non solo a ridurre i costi energetici dei consumatori ma anche a migliorare l’accesso ai servizi energetici alle famiglie con maggiori difficoltà. Un tema che nel nostro Paese, quello della povertà energetica che riguarda oltre 9,4 milioni di individui. I nuovi modelli energetici basati sulle tecnologie pulite sono infatti in grado di garantire l’accesso moderni sistemi energetici, democratici e puliti.
Photo by Adolfo Cj on Pixabay
Obiettivo 8: Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti.
Lo sviluppo delle fonti rinnovabili, se accompagnato da politiche industriali, può garantire una forte crescita occupazionale. Le stime parlano di oltre 400 mila nuovi posti di lavoro.
Già oggi il settore delle fonti pulite garantisce nel nostro Paese circa 121 mila posti di lavoro .
In Germania dove le installazioni di queste tecnologie sono molto più incisive i posti di lavoro oltre 263 mila.
Photo by Science in HD on Unsplash
Obiettivo 12: Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo.
Le Comunità energetiche si basano sul principio dell’autoproduzione, mettendo al centro del sistema per la prima volta il consumatore, che da soggetto passivo diventa invece un soggetto attivo: prosumer. Ovvero un produttore di energia, finalizzata all’autoconsumo.
Il cambio di ruolo del cittadino, da semplice consumatore a parte del sistema aumenta la consapevolezza e la conoscenza, garantendo uno sviluppo locale di energia da fonti pulite. Stimolando la creazione di un modello sostenibile non soltanto dal punto di vista ambientale, ma anche economico e sociale.
Obiettivo 13: Promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico.
La prima causa dei cambiamenti climatici sono le emissioni gas serra derivanti dal modo di produrre e consumare energia. Un modello energetico basato sulle fonti fossili come petrolio, carbone e gas. Tre grandi nemici del clima. Per questo è urgente modificare profondamente, fino ad azzerare, la produzione di energia da queste fonti. Per farlo abbiamo bisogno di sviluppare tecnologie pulite, sia con grandi impianti in grado di rispondere alle esigenze di flessibilità e sicurezza della rete, sia attraverso tantissimi impianti diffusi in grado di soddisfare le esigenze locali di energia. Le Comunità Energetiche in questo rispondono in pieno alle esigenze di gestione locale della produzione di energia, garantendo come già avviene in molte realtà alpine la copertura di tutto il fabbisogno azzerando totalmente l’uso delle fonti inquinanti e dannose per il clima.
Photo by Rasmus Kuber on Unsplash
Obiettivo 16: Pace, giustizia e istituzioni forti
La geopolitica è fortemente influenzata dalle risorse energetiche, come il petrolio e il gas. Pensiamo a quanto accade nei Paesi del Nord Africa, o al ruolo politico ed economico giocato dalla Russia. Lo sviluppo di un sistema basato sulle fonti rinnovabili, in grado di rendere ogni Paese, città, cittadino indipendente dal punto di vista energetico contribuirà alla riduzione dei conflitti in modo determinante.
Photo by Porapak Apichodilok da Pexels
La situazione e i traguardi italiani
L’Italia è da troppi anni ferma nello sviluppo delle fonti rinnovabili. La loro diffusione, infatti, sta procedendo a ritmi del tutto inadeguati, con una media di installazioni all’anno dal 2015 ad oggi di appena 459 MW di solare e 390 di eolico. Un declino messo ben in evidenza da quanto accade invece nel resto del mondo dove queste tecnologie crescono a ritmo ben diversi. La differenza con gli altri Paesi europei è che i Governi hanno periodicamente rivisto, aggiornato e migliorate le politiche (ad esempio con il crescente ruolo dell’eolico off-shore e attraverso aste che permettono di installare il fotovoltaico a prezzi sempre più bassi), mentre da noi al boom del fotovoltaico degli anni 2010-2012 ha fatto seguito la cancellazione completa degli incentivi in conto energia, che invece in Germania continuano a garantire gli investimenti da parte delle famiglie. La ragione di questi ritardi sta in anni di politiche energetiche che guardavano ad altre priorità - fino al referendum del 2011 il nucleare, poi il carbone, poi le nuove trivellazioni e le centrali a gas - mentre il Ministero dello Sviluppo economico lavorava su strategie e piani (la Sen di Passera del 2013, quella di Calenda del 2017, il Piano nazionale energia e clima del 2019) senza interessarsi in alcun modo del perché le rinnovabili fossero ferme o di trovare una soluzione al problema che gli impianti eolici, in mare e a terra, venissero sistematicamente bocciati dalle Soprintendenze, o del verificare le ragioni per cui gli impianti fotovoltaici sui tetti, in tante aree del Paese, risultassero impossibili da installare per vincoli paesaggistici incomprensibili (ad esempio nelle isole minori).
Solar photovoltaic capacity (MW/year)
Source: Comuni rinnovabili by Legambiente
Basti pensare che nel 2019 le installazioni sono leggermente cresciute (750 MW di solare fotovoltaico e 400 di eolico nel 2019) ma risultano assolutamente inadeguate per raggiungere gli obiettivi fissati al 2030 dal Piano Energia e Clima, e che presto dovranno essere rivisti con l’innalzamento dei target previsti a livello europeo. Da parte del Governo non sembra esserci alcuna consapevolezza della situazione e dei ritardi che si continuano ad accumulare, mentre abbiamo bisogno di una fortissima accelerazione degli investimenti se vogliamo chiudere le centrali a carbone entro il 2025 (come previsto dal Pniec) e ridurre l’utilizzo di gas.
Per capire la dimensione della svolta che il nostro Paese deve imprimere, si pensi che dobbiamo arrivare ad installare almeno 3/4 GW all’anno di solare fotovoltaico e 1 GW di eolico con impianti a terra e in mare, e in parallelo realizzare investimenti diffusi per ridurre drasticamente consumi energetici e emissioni di CO2 in tutti i settori produttivi. È una sfida alla portata di un Paese come l’Italia, come dimostra lo studio realizzato da Elemens per Legambiente, presentato lo scorso dicembre. È infatti possibile raggiungere obiettivi di decarbonizzazione coerenti con il contenimento del riscaldamento globale entro 1,5°C secondo quanto previsto dall’Accordo di Parigi con zero emissioni nette già nel 2040, attraverso una forte accelerazione degli investimenti in rinnovabili ed efficienza in tutti i settori produttivi e grazie anche al contributo degli assorbimenti di CO2 del settore forestale. Quello che serve è un drastico cambio di passo rispetto all’attuale Pniec sia in termini di obiettivi - la riduzione delle emissioni prevista al 2030 è di solo il 37% (in Germania è di -55%) e con una proiezione al 2050 di appena il 64% - che di politiche.
Comunità Energetiche
Una Comunità Energetica è la costituzione di un soggetto giuridico, senza scopo di lucro, (associazione, cooperativa, impresa commerciale), che ha la possibilità di installare impianti per la produzione di energia da fonte rinnovabile e di auto consumarla decidendo nello scambio di energia le tariffe di “compravendita”.
Nascono dalla direttiva Red II (2018/2001/Ue) e sono di fatto uno strumento nato per consentire ai cittadini, imprese, amministrazioni di condividere e scambiarsi energia all’interno di un determinato distretto. Una novità introdotta in Italia in forma sperimentale attraverso la Legge Milleproroghe del 2020.
Un modello che porta benefici ambientali, perché riduce fortemente la dipendenza dalle fonti fossili, ma anche sociali perché spinge gli utenti ad essere più virtuosi e perché mira a sviluppare comunità e quindi aggregazione a livello locale.
Legambiente si occupa di questa tematica almeno dal 2009, all’interno del Rapporto nazionale Comuni Rinnovabili, che dal 2020 ha mutato il suo nome in Comunità Rinnovabili, proprio per rispondere meglio all’introduzione della novità normativa. In questi anni abbiamo promosso sul tema non solo un racconto delle esperienze italiane sviluppate ad inizio ‘900 come cooperative energetiche. Ma anche promuovendo incontri e dibattiti sul tema, coinvolgendo anche parlamentari proprio per spingere e raccontare l’importanza di queste forme energetiche. Nel novembre 2019, insieme a Italia Solare, scrive alcune proposte normative che sono state inserite nel 2020 nella Legge Milleproroghe, aprendo finalmente la strada all’autoproduzione e alle comunità energetiche.
Non è finita qui!
Il Milleproroghe, infatti, apre soltanto alla sperimentazione. Ora la battaglia da portare avanti è il recepimento della Direttiva europea 2018/2001, per chiarire gli obiettivi e entrare nel merito delle scelte da prendere rispetto alle principali questioni aperte.
1.
Gli Autoconsumatori di energia da rinnovabili (articolo 21 della Direttiva). Ossia di soggetti che possono produrre per i propri consumi, immagazzinare e vendere energia elettrica da fonti rinnovabili. L’intervento normativo dovrà definire le regole per gli autoconsumatori singoli e anche per quelli collettivi, in particolare per lo scambio di energia, in modo da rendere possibile queste soluzioni all’interno di uno stesso edificio o condominio, o tra edifici contigui posti dentro distretti produttivi o quartieri. Inoltre, si dovranno fissare le regole per gli autoconsumatori da sole fonti rinnovabili e per quelli che usano anche energia elettrica derivante da impianti di cogenerazione ad alto rendimento (CAR).
2.
Le Comunità di energia rinnovabile (articolo 22 della Direttiva). Ossia di soggetti che possono produrre per i propri consumi, immagazzinare, scambiare all’interno della Comunità, vendere energia elettrica da fonti rinnovabili secondo i caratteri previsti dalla Direttiva. L’intervento normativo dovrà definire le regole per la partecipazione da parte di cittadini, imprese, amministrazioni comunali e enti pubblici, le condizioni per valorizzare il legame con il territorio e gli obiettivi sociali che la Direttiva fissa (partecipazione di famiglie a basso reddito).
3.
I sistemi di distribuzione chiusi. Ossia le reti private di distribuzione di energia elettrica da rinnovabili e da cogenerazione ad alto rendimento all’interno di siti industriali, artigianali e commerciali entro siti geograficamente limitati. Perché anche configurazioni di questo tipo andranno chiarite nell’ottica di un processo diffuso di generazione distribuita da rinnovabili. In modo che si possano definire contratti tra utenze limitrofe che decidono di produrre, immagazzinare e scambiare energia da rinnovabili e da CAR, e contratti con la rete per favorire la partecipazione al mercato della flessibilità. Inoltre, bisognerà affrontare il tema delle regole e tariffe per favorire la condivisione di energia da rinnovabili. Queste innovazioni nella generazione distribuita devono essere favorite quando portano benefici al sistema e regolamentate in modo trasparente nell’utilizzo che fanno della rete. In questa direzione occorre premiare le comunità che permettono di bilanciare la rete di bassa tensione attraverso l’uso di stoccaggi e differenziando gli oneri tra l’energia autoconsumata e condivisa istantaneamente da quella immessa in rete. L’obiettivo dovrebbe essere di definire oneri di rete che sulla base di questi obiettivi valgano per questi sistemi e per le reti private (superando la Legge 116/2014), differenziando le tariffe in base alla potenza impegnata e al tipo di fonte (con fiscalità diversa se da rinnovabili o da fossili), in modo da spingere configurazioni capaci di integrare sistemi di accumulo, pompe di calore e mobilità elettrica e di valorizzare i meccanismi di “demand response”. Il nuovo scenario che si va ad aprire determina la necessità di fissare regole per la configurazione degli impianti di misurazione (per la rilevazione necessaria ai rapporti interni e con la rete), così come dei contatori di nuova generazione per garantire l’accesso ai dati sui consumi da parte degli utenti e, previo consenso di questi, a soggetti terzi, per presentare proposte integrate di efficientamento energetico degli edifici e degli impianti. La condivisione di energia da fonti rinnovabili all’interno di comunità territoriali, nelle diverse forme previste dalla Direttiva e che potranno essere inventare grazie alle continue innovazioni che stanno avvenendo nelle tecnologie, rappresenta un’occasione senza precedenti per promuovere progetti che portano valore aggiunto nei territori e creano opportunità economiche e sociali.
Alcuni progetti in corso
Una comunità Energetica Pioniera
Comunità energetica di Primiero-Vanoi
La produzione idroelettrica del Primiero è in grado di soddisfare il fabbisogno medio annuo di circa 148.000 famiglie ed assicura un risparmio di ca. 88.000 tonnellate equivalenti di petrolio (TEP) evitando il rilascio in atmosfera di ca. 270 tonnellate di CO2. A ciò si aggiunge la realizzazione da parte di ACSM S.p.A. di due impianti di teleriscaldamento a biomassa legnosa, uno nella rinomata stazione turistica di San Martino di Castrozza e l’altro nel fondovalle di Primiero. Con una potenza complessiva installata di 35 MW, attraverso 57 km di tubazioni viene erogata energia termica a circa 1.250 edifici. Energia questa, pari a circa 40 GWht/annui, prodotta mediante la combustione di legno vergine (cippato) proveniente da scarti di lavorazioni boschive locali, reperiti prevalentemente in valle e comunque non oltre i 70 km dagli impianti. Grazie a questa rete, gli edifici collegati hanno inoltre la possibilità di accedere alla fibra ottica che, tramite tecnologia GPON, consente servizi di connettività a banda ultra larga.
Alcuni progetti in corso sulle tracce della buona pratica
01 / 03
1
Comunità Energetica di Roseto Valfortore
Il progetto della Comunità Energetica nel Comune di Roseto Valfortore, in Puglia, è portato avanti dalla società FriendlyPower, società impegnata nella promozione, sviluppo, realizzazione e gestione di Comunità Energetiche. Nella futura Comunità Energetica tecnologie tradizionali ed innovative per la produzione di energia da FER si incontreranno con prodotti (smartmeter; nanogrid) e servizi (powercloud) specificamente progettati e realizzati. Composta da cittadini autoproduttori, produttori e cittadini consumatori di energia, sarà in grado di aumentare annualmente la quota dell’energia rinnovabile prodotta e/o consumata, portandola entro 3 anni al 100% e oltre del totale. A dare solida concretezza al progetto la presentazione, nello studio di fattibilità, delle 4 fasi in cui si svilupperà. La fase 1, già iniziata, prevede il passaggio del maggior numero di residenze ed opifici da “Consumer” a “Prosumer” e l’installazione di pannelli fotovoltaici da parte di ogni soggetto della comunità. Ciascun impianto sarà dotato di smartmeter con un autoconsumo da fonti rinnovabili pari al 35%. Nella seconda fase è, invece, prevista l’installazione di smartmeter presso i consumer dove non è stato possibile installare impianti individuali, seguiti dall’installazione presso ciascun prosumer della nanogrid e da un sistema di accumulo, tarato sui dati raccolti dallo smartmeter, per raggiungere un autoconsumo del 75%. Nella terza fase, verranno realizzati gli “Impianti di Comunità”, ossia un parco eolico da 3 MW per la produzione di 7.500 MW/h annue immesse direttamente in rete, per arrivare ad un consumo energetico del 100%, destinando il surplus di energia alla vendita fuori la Comunità stessa. Nell’ultima fase è prevista l’estensione della Comunità Energetica su tutto il territorio comunale usando il collegamento virtuale attraverso il servizio di powercloud (assicurato dalle nanogrid installate presso i consumer), di tutti i nodi della rete locale, i Prosumer, i consumer e gli impianti di Comunità. Questa fase potrebbe prevedere anche il collegamento fisico dei nodi, se la Comunità Energetica dovesse trovare un accordo per gestire la rete di distribuzione locale.
2
Smartgrid di Berchidda
Il Comune di Berchidda, in provincia di Sassari, ha avviato il progetto Berchidda 4.0, finalizzato a una vera e propria trasformazione della propria rete di distribuzione dell’energia elettrica. Il progetto mira alla creazione di una Comunità Energetica Locale, in cui, con il coinvolgimento attivo dei cittadini, sarà possibile produrre e distribuire energia da sistemi fotovoltaici dotati di sistemi di accumulo concentrato e distribuito. Il progetto, che sarà realizzato in parte con finanziamenti dalla Regione Sardegna e con il supporto scientifico del Dipartimento di Ingegneria Elettrica ed Elettronica dell’Università di Cagliari, si basa sulla realizzazione di una smartgrid, in cui saranno installati sistemi di smartmetering di seconda generazione in grado di migliorare l’efficienza energetica della rete grazie a sistemi di gestione intelligente della rete e dei carichi degli utenti finali. La rete di distribuzione sarà ammodernata con sistemi di monitoraggio e automazione che permetteranno di incrementare la capacità di integrazione delle fonti rinnovabili, permettendo la gestione degli oltre 1700 impianti connessi per consumo e produzione di energia da fonti rinnovabili previsti nel progetto.
Attualmente, nel Comune di Berchidda, sono presenti 67 impianti fotovoltaici, per una potenza di 608 kWp che riescono a soddisfare il 12% del fabbisogno energetico del Comune. Con l’iniziativa Berchidda 4.0 si prevede la realizzazione di oltre 200 nuovi impianti fotovoltaici per una potenza superiore ai 1.500 kWp, con una produzione di energia solare di circa 3 GWh/anno, oltre a sistemi d’accumulo concentrato per una potenza di 50 kW/50 kWh, in modo che la percentuale dell’autoconsumo locale sia soddisfatto con percentuali superiori al 50%. Si prevede, inoltre, la realizzazione di altri 30 progetti pilota che coinvolgono i cittadini già dotati di impianti fotovoltaici con sistemi di accumulo con capacità di circa 10 kWh ciascuno, al fine di sensibilizzare e promuovere l’autoconsumo locale dell’energia prodotta da fonti rinnovabili. Con questi interventi, Berchidda stima di dimezzare le spese energetiche comunali, risparmiando 620.000€/anno, e la diminuzione del 30% del costo della bolletta dei cittadini.
3
Social Housing QUI ABITO
Il progetto pilota di autoconsumo collettivo promosso da ènostra e Sinergia, presso il Social Housing QUI ABITO a Padova, è stato selezionato fra i progetti oggetto di studio da parte di RSE per comprendere meccanismi e vantaggi di queste nuove realtà.
Il Social Housing QUI ABITO, situato nel Quartiere sud di Padova, realizzato dal Fondo Veneto Casa e attualmente gestito dalla Cooperativa Città So.la.re, nasce con l’obiettivo di dare risposta al disagio abitativo di coloro che faticano ad accedere al libero mercato immobiliare. Si tratta di un complesso di 4 edifici composti da 92 unità abitative, un poliambulatorio medico, un centro diurno per anziani, uno spazio riservato alle associazioni e una sala comune. Al momento, sono state raccolte circa 60 adesioni formali. Gli appartamenti sono caratterizzati da elevati standard di efficienza energetica e sono totalmente elettrificati (nessun utilizzo di gas) sia a livello dei singoli appartamenti, sia a livello condominiale. Su ciascuno dei quattro edifici, sono stati installati altrettanti impianti fotovoltaici, in attesa degli allacci alla rete, con potenze tra i 10 – 12 kWp per un totale complessivo di circa 45 kW in grado di produrre circa 47.250 kWh/ anno coprendo tutti i fabbisogni del complesso residenziale. Si stima, che grazie alle opere di efficientamento, ogni 10 kW di impianto possa soddisfare i consumi di circa 15 utenze singole. In ogni edificio, inoltre, è presente un impianto di climatizzazione di tipo centralizzato a pompe di calore aria/acqua ad alta efficienza da circa 100 kW di potenza termica/frigorifera, con una potenza elettrica massima assorbita di circa 32 kW. Si stima che, per il consumo di 8000 kWh si eviterebbero in atmosfera 3,792 tonnellate di CO2 in atmosfera. Diversi gli obiettivi del progetto: dalla raccolta e analisi dati di consumo elettrico e della domanda termica delle utenze al fine di modellizzare
Innovazioni tecnologiche
Attualmente, in ciascuna utenza degli edifici, è presente un contatore di seconda generazione 2G che riesce a fornire i dati di consumo ogni quarto d’ora. Per il rilievo di tali informazioni, verranno collegati degli appositi dispositivi direttamente a monte dei contatori stessi o nella linea dell’utente attraverso una semplice presa elettrica; e per la loro successiva visualizzazione e analisi, verrà utilizzata una piattaforma software dedicata in grado di incrociare ed elaborare flussi sia dei dati stessi di consumo in tempo reale che quelli relativi alla produzione degli impianti fotovoltaici, al netto di quella autoconsumata per le esigenze condominiali comuni. In questo modo, sarà possibile rilevare su base oraria la quantità di energia elettrica virtualmente condivisa, calcolata come la quantità minore fra quella netta immessa in rete dagli impianti fotovoltaici e quella prelevata contestualmente dalle utenze condominiali, e valutarne i relativi vantaggi economici derivanti dall’attivazione dell’autoconsumo collettivo stesso.
Garantire un futuro alle Comunità rinnovabili
Cosa manca per garantire un futuro alle Comunità rinnovabili?
Cosa chiediamo al governo
Per prima cosa è necessario recepire la Direttiva 2018/2001/UE anche attraverso un confronto trasparente e pubblico sugli obiettivi che si vogliono portare avanti in modo da consentire il rilancio diffuso delle rinnovabili in queste nuove configurazioni di energia condivisa in ogni parte d’Italia.
E attraverso il suo recepimento, affrontare 7 punti fondamentali:
1.
Premiare i consumi istantanei da fonti rinnovabili. Le configurazioni di comunità energetiche e autoconsumo collettivo possono spingere soluzioni efficienti di produzione di energia, progettate per soddisfare la domanda istantanea e contribuire a ridurre l’esigenza di capacità di riserva della rete. È proprio questo tipo di consumi che dovrebbe beneficiare di incentivi, tra diretti e indiretti, perché massimizza l’uso dell’energia rinnovabile e spinge modelli capaci di garantire la massima efficienza nell’uso degli impianti e delle reti.
2.
Prevedere ambiti territoriali capaci di mettere assieme più utenze. L’attuazione del Decreto Milleproroghe sta evidenziando un limite nella previsione di comunità energetiche contenute all’interno delle stazioni di scambio di bassa tensione e media tensione. Ambiti ridotti limitano la possibilità di realizzare configurazioni capaci di soddisfare consumi elettrici di utenze con caratteri e funzioni diverse. Inoltre, occorre far partire quanto prima le comunità energetiche dei cittadini che potranno operare su ambiti più vasti e che a regime si estenda anche alle reti di media tensione.
3.
Differenziare gli incentivi delle comunità energetiche sulla base delle dimensioni degli impianti e delle fonti. Il recepimento delle due Direttive dovrà portare ad articolare le scelte di supporto a queste nuove configurazioni. I criteri di riferimento dovrebbero essere di differenziare in funzione delle dimensioni e delle tipologie (condomini, comunità energetiche, autoconsumo collettivo, ecc.) e delle fonti utilizzate, visto che si dovranno fissare le regole sia per le comunità energetiche sia per quelle dei cittadini (che possono anche non prevedere impianti a fonti rinnovabili).
4.
Consentire lo scomputo direttamente in bolletta dell’energia autoprodotta e condivisa. Per semplificare i processi occorre ridurre i passaggi tecnici ed economici. In questa direzione è auspicabile che si individuino soluzioni semplificate – considerando le innovazioni digitali oggi possibili nella gestione dei dati – di scomputo della quota di energia autoprodotta e condivisa direttamente dalle bollette che i cittadini e le imprese continueranno a pagare agli operatori con cui hanno il contratto.
5.
Permettere alle comunità di operare servizi di dispacciamento. Una delle innovazioni di queste configurazioni sta nella possibilità di realizzare soluzioni integrate, con rinnovabili e accumulo, sistemi efficienti e allaccio di mobilità elettrica. Occorre quindi consentire la possibilità di realizzare configurazioni capaci di autobilanciarsi rispetto alla rete.
6.
Fornire servizi alla rete attraverso nuove configurazioni con impianti di stoccaggio. Gli stoccaggi all’interno di queste configurazioni devono poter scambiare energia con la rete fornendo servizi e spostando nelle ore di mancata produzione rinnovabile l’energia rinnovabile prodotta anche per evitare congestioni sulle reti e prezzi negativi. È dunque urgente la approvazione della delibera che elimina gli oneri per i prelievi destinati alla successiva re-immissione e la previsione di servizi standardizzati che spingano a evitare congestioni e prezzi negativi.
7.
Semplificare l’approvazione dei progetti e rendere possibile l’accesso al credito. Queste configurazioni potranno diffondersi in tutta Italia se verranno introdotte semplificazioni per la realizzazione degli impianti – oggi il più grande ostacolo allo sviluppo delle fonti rinnovabili – e se si aiuterà l’accesso al credito da parte di cittadini, imprese, associazioni. Il Recovery Fund prevede l’accesso a rilevanti risorse in forma di prestito che possono diventare, come negli altri Paesi europei, fondi per il credito a tassi agevolati capaci di rendere possibili investimenti che si ripagano grazie ai benefici che producono, nonché strumenti per garantire adeguate coperture al rischio dei trader che decidano di concludere con i produttori di energia rinnovabile accordi a lungo termine di produzione di energia.
Cosa chiediamo ai comuni
Ai Comuni spetta un ruolo fondamentale per accelerare la prospettiva della generazione distribuita e della condivisione di energia da rinnovabili nel territorio italiano.
Gli Enti Locali debbono rendersi protagonisti nell’accelerazione dei processi.
1.
Semplificare le procedure per l’installazione di impianti da fonti rinnovabili, sistemi di efficienza energetica e di accumulo negli edifici e negli spazi pubblici.
2.
Promuovere e favorire la nascita di comunità energetiche che coinvolgano soggetti e strutture diverse: edifici pubblici e imprese private, strutture del terzo settore, famiglie in condizioni di povertà energetica, ecc.
3.
Accelerare i processi di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio pubblico e privato, in particolare tutti gli interventi che puntano a valorizzare l’autoproduzione e condivisione di energia da rinnovabili in edifici che si avvicinano a standard di efficienza NZEB.
4.
Puntare a rafforzare gli investimenti nelle reti elettriche di distribuzione e nei sistemi di accumulo, nella rete di ricarica della mobilità elettrica in modo da accompagnare la transizione verso l’elettrico in edilizia e nei trasporti, dando così risposta al tema dell’inquinamento atmosferico attraverso soluzioni a emissioni zero.
Cosa puoi fare tu
Le Comunità Energetiche e l’autoproduzione collettiva sono due strumenti in grado di ridurre bollette e migliorare la qualità di vita dei cittadini.
1.
Verificare se nel proprio territorio si sta muovendo qualche nuovo progetto di sviluppo di Comunità Energetiche.
Photo by Andreas Brücker on Unsplash
2.
Se non ci sono progetti attivi, farsi promotore di un progetto di sviluppo coinvolgendo cittadini, associazioni, amministrazioni.
3.
Se esiste un progetto di sviluppo o una comunità energetica verificare le possibilità di adesione.
4.
Se proprio non è possibile, almeno scegliete un gestore in grado di fornire energia 100% rinnovabile certificata.