di Pietro Spirito GUARDA LO SPECIALE A SCHERMO INTERO (consigliato da smartphone)
Tra mare, lagune e barene, laghi naturali, artificiali e carsici, fiumi, torrenti e cascate, rogge e canali, risorgive, sorgenti e foci, il Friuli Venezia Giulia è una terra ricca di acque. Che si tratti di pianura, colline o montagna, la rete acquifera del territorio è una geografia complessa che rispecchia le diversità, le specificità e le unicità di questa regione.
Il mondo delle acque è un mondo variegato, che si vada lungo la costa da Grado a Lignano o si entri fin quasi nei centri urbani, tra quelle che una volta erano e province di Trieste, Udine, Gorizia e Pordenone c’è una tale ricchezza di natura e storia legata al fluire delle acque da rimanere stupefatti.
È in questi posti, alcuni noti altri assai meno frequentati, che il nostro giornale vi invita ad andare. Quindici vie d’acqua, quindici itinerari da percorrere a piedi e all’occorrenza anche in bici in altrettanti luoghi del Friuli Venezia Giulia, là dove c’è acqua.
Tre esperte guide dalla penna felice - Alessandra Beltrame, Elisa Cozzarini e Sabina Viezzoli - prendono il lettore per mano e lo portano lungo le vie d’acqua alla scoperta di alcuni fra i più pregiati gioielli naturali del Friuli Venezia Giulia.
Questo speciale è una guida utile a organizzare facili gite per tutti, percorsi studiati apposta per raggiungere agevolmente i quattro angoli della regione da ovunque si possa partire, ma che possono anche essere collegati o inseriti in percorsi più lunghi e impegnativi.
GLI ITINERARI
Per scoprire gli itinerari della nostra regione, è possibile cliccare sui punti e navigare sulla mappa. Ogni itinerario contiene informazioni essenziali per il trekking (difficoltà del percorso, lunghezza, durata e curiosità).
MONFALCONE
Le Risorgive di Schiavetti, prati erbosi e boschetti in cima al Mediterraneo
GEMONA
Il percorso del Ledra (a piedi o in bicicletta) sui tracciati delle strade bianche
DOBERDÒ
Intorno al Lago di Dobertdò, dove le acque appaiono e scompaiono nella terra
PORDENONE
Seguendo il Noncello si entra in città, tra i vecchi ruderi dei cotonifici
VERZEGNIS
Fra le cascate dell'Arzino domenica la natura selvaggia: solo boschi e acque pure
CORNINO
Qui il Tagliamento regala il piccolo lago di Cornino dove vola il grande grifone
ANDREIS
Andreis tra le acque è come un’isola dove il tempo si è preso una pausa
DUINO
Nel misterioso Timavo i segreti degli abissi e le tante tracce lasciate dalla Storia
SAN PIETRO AL NATISONE
Il fiume che sconfina porta al cammino delle chiesette tra borghi e boschi
MUZZANA
Nella Silva Lupanica con aironi, volpi e caprioli: qui la foresta sfiora il mare
MONFALCONE
Le Risorgive di Schiavetti, prati erbosi e boschetti in cima al Mediterraneo
📍 TREKKING: Partenza: via delle Risorgive (Staranzano). 🗺️ LUNGHEZZA TOTALE: 2,5 chilometri ⌚ DURATA: Circa un'ora ⚠️ NOTA: Percorso privo di dislivelli
Un’area di grande interesse naturalistico dove non ci si aspetta di trovarla: nella zona industriale tra Staranzano e Monfalcone è ancora visibile una parte di ciò che rimane delle ampie zone umide e paludose di un tempo, scomparse per progressivi interventi di bonifica proseguiti fino a metà del secolo scorso.
Le acque dolci di risorgiva che emergono in prossimità del mare caratterizzano il Biotopo Naturale Regionale Risorgive di Schiavetti, considerata l’area umida di origine sorgentizia più a Nord del bacino del Mediterraneo.
In una superficie di soli 64 ettari coesiste una grande varietà di habitat che custodiscono una biodiversità molto elevata, comprese specie che rischiano di scomparire. Prati torbosi e umidi, boschetti, siepi, olle e canneti ospitano circa 480 specie vegetali e numerose specie animali ritenute di importanza europea.
Il sito è raggiungibile percorrendo la strada Monfalcone-Grado, prendendo la direzione per Marina Julia e svoltando su via delle Risorgive; un pannello indica l’accesso alla zona e illustra il percorso da seguire all’interno del biotopo. Il camminamento attraversa i vari ambienti, regalando lo spettacolo delle fioriture dei prati umidi.
Le acque sgorgano nelle olle a una temperatura costante di 10-12°C, rendono freddo il terreno e permettono così la crescita in pianura a due passi dal mare di specie vegetali presenti in montagna giunte qui durante le glaciazioni.
Il periodo migliore per le fioriture va da maggio in poi, durante l’estate, quando tra le altre è possibile osservare specie rare e in pericolo di estinzione come l’Eufrasia di Marchesetti (Euphrasia marchesettii) e il Gladiolo Palustre (Gladiolus palustris). Non mancano inoltre le preziose orchidee selvatiche.
Possibile anche l’emozione di qualche fortunato incontro con uccelli palustri, come la cannaiola ed il tarabusino nei canneti, con rapaci come il falco di palude nelle zone aperte, o anatidi e tuffetti negli specchi d’acqua. Sono presenti anche piccoli mammiferi, anfibi e lepidotteri. Il camminamento percorre un giro ad anello; va seguito senza uscire dal sentiero per preservare l’integrità del luogo e per la propria sicurezza: in alcuni periodi il sito può essere allagato e scivoloso, in particolare nei tratti in cui costeggia i canali e dopo le piogge.
GEMONA
Il percorso del Ledra (a piedi o in bicicletta) sui tracciati delle strade bianche
📍 TREKKING: Partenza: Stazione Ferroviaria (Gemona). 🗺️ LUNGHEZZA TOTALE: 40 chilometri ⌚ DURATA: in bici 4 ore ⚠️ NOTA: Dislivello 80 m
Un’escursione ad anello con partenza e arrivo da Gemona, che si può agevolmente raggiungere in treno con bicicletta al seguito. L’itinerario percorre strade bianche e ciclabili seguendo il corso del Ledra, piccolo grande fiume che dà il nome al celebre Canale Ledra Tagliamento, importante per una vasta parte del Friuli.
Partiamo in sella alla bici dalla stazione ferroviaria di Gemona del Friuli.
Ci accompagna Antonio Nonino, operatore naturalistico e culturale del Club Alpino Italiano (sezione di Udine) che ha tracciato questo percorso. «Dopo aver superato il sottopasso della ferrovia - spiega - imbocchiamo via Cianeit, che già dal nome (significa “canneto”) preannuncia l’ingresso in una zona umida. Ci avviciniamo infatti all’area dove avviene il fenomeno delle risorgive, ovvero l’emersione delle acque al variare del suolo, che da ghiaioso si fa argilloso e dunque impermeabile». Il percorso raggiunge Campolessi e s’inoltra nella campagna.
«Dopo aver superato il sottopasso della ferrovia - spiega - imbocchiamo via Cianeit, che già dal nome (significa “canneto”) preannuncia l’ingresso in una zona umida. Ci avviciniamo infatti all’area dove avviene il fenomeno delle risorgive, ovvero l’emersione delle acque al variare del suolo, che da ghiaioso si fa argilloso e dunque impermeabile».
Il percorso raggiunge Campolessi e s’inoltra nella campagna. Ecco il Ledra che nasce qui vicino, ovvero affiora, perché la sua origine è nel vasto conoide del Vegliato che si trova alle spalle, su cui sorge Gemona. Il fiume raccoglie le acque che provengono dai monti Cjampon e Cuarnan per poi gettarsi, dopo circa 20 chilometri, nel Tagliamento a Cimano di San Daniele. Prosegue Nonino: «Per la sua ricchezza di acqua, in questa zona sono state realizzate molte opere idrauliche. Poco dopo la partenza c’è la prima briglia di derivazione idrica con cascata e, proseguendo, si può notare il rudere di una centrale idroelettrica realizzata nel 1911». Oggi quest’area è un bosco con salici, ontani, olmi e pioppi.
La pedalata prosegue oltrepassando il rio Bosso, «Qui si trova l’impianto dell’acquedotto Cafc Spa di Molin del Bosso, che rappresenta la fonte idrica principale a servizio di 122 Comuni della provincia di Udine». Dopo Campo Garzolino, si giunge all’importante nodo idraulico di Andreuzza. Spiega ancora Nonino: «Qui confluisce l’acqua del Rio Gelato, integrando la portata del canale Ledra Tagliamento che, gestito dal Consorzio di Bonifica Pianura Friulana, distribuisce l’acqua per scopi irrigui e di produzione idroelettrica».
La tappa successiva è alle risorgive di Bars, dove «vale la pena fare una sosta per ammirare i riflessi dell’acqua e il candore del fondo, costituito da calcite pura». L’area, attrezzata con tavoli e panche per picnic, si raggiunge continuando a seguire il corso del fiume Ledra, percorrendo con attenzione la strada regionale 463 per circa 300 metri e svoltando verso ovest nella piana che conduce alle spettacolari risorgive.
La pedalata prosegue costeggiando il Tagliamento, lasciando sulla destra il Forte di Osoppo per raggiungere la storica Rosta Savorgnana: l’elegante struttura ad archi in pietra locale porta la data 1886 in cifre romane. Proseguendo verso nord, ecco l’attuale presa idraulica di Ospedaletto, dove ha origine il canale Ledra Tagliamento. Il punto è molto suggestivo: qui il fiume rivela la sua grandezza e l’acqua color smeraldo del vasto letto è uno spettacolo dal sapore quasi tropicale. Il rientro alla stazione di Gemona avviene per la bella ciclopedonale Roggia dei Mulini, degna conclusione di questa magnifica pedalata di pianura fra immensi prati circondati dai monti.
DOBERDÒ
Intorno al Lago di Dobertdò, dove le acque appaiono e scompaiono nella terra
📍 TREKKING: Centro visite Gradina, Doberdò del Lago. 🗺️ LUNGHEZZA TOTALE: circa 7 chilometri ⌚ DURATA: circa 4 ore. ⚠️ NOTA: Dislivello circa 100m in salita e in discesa.
Acqua e roccia, vegetazione tipica di ambienti umidi e aridi, bosco ripario e landa: nella riserva naturale Laghi di Doberdò e Pietrarossa, sul Carso goriziano, colpiscono i tanti contrasti. Quello di Doberdò è un lago particolare: è uno dei pochi laghi carsici in Europa. Le sue acque consentono la presenza di ecosistemi tipici delle zone umide dove normalmente non sarebbero presenti. Anche in questa zona del Carso mancano corsi d’acqua in superficie: è alimentato dalle piogge e da un sistema ipogeo, per questo il suo livello è molto variabile. Nelle stagioni si alternano periodi di allagamento (primavera e autunno) a periodi di grande secco (estate e inverno). A volte si assiste alla quasi totale “sparizione” delle acque. Il modo migliore per apprezzare questo affascinante fenomeno è da uno dei punti panoramici, osservando il lago dall’alto nei vari periodi.
Uno degli itinerari che unisce i luoghi più rappresentativi parte dal centro visite Gradina, sulla carrareccia che dopo qualche centinaio di metri conduce alla vecchia cava Solvay.
La vista che spazia dalla laguna di Grado alla pianura inviterà a una prima sosta. Quando il lago è asciutto si mostra come una pozza in mezzo a una distesa di canna di palude. Proseguendo, la carrareccia si restringe in sentiero lungo il versante di Colle Nero, con alcuni tratti su roccia da percorrere con attenzione. Seguendo i segnavia Cai n.77 si arriva in prossimità delle palestre di roccia e a Casa Cadorna. Si prende il n. 72 che scende ripido verso le sponde del lago, fino alla strada asfaltata, da attraversare per proseguire il cammino sulla carrareccia.
La vegetazione carsica lascia il posto a salici e pioppi. All’incrocio, voltando a destra ci si può concedere una breve deviazione per arrivare al Paludario e al sentiero che porta fino all’acqua, dove osservare la vegetazione tipica dell’ambiente umido. Ritornando sui propri passi si riprende il percorso lungo il lago, in qualche punto appena visibile tra la vegetazione; si percepisce però la sua presenza. In prossimità di un secondo bivio si può deviare verso destra: il sentiero corre ai bordi di un vasto prato da ammirare per le sue fioriture. Si giunge poi a un altro bivio: voltando nuovamente a destra, si scende al lago. Questa è la zona dove si trovano numerosi inghiottitoi: in regime di piena si crea un sistema di correnti di una certa velocità.
Raggiunto nuovamente l’incrocio con il sentiero lasciato per la deviazione, non resta che incamminarsi a destra sul tratto che sale. Arrivati alla strada asfaltata, si percorrono alcuni metri verso destra e si imbocca il sentiero a sinistra. La salita sarà ripagata raggiungendo il punto panoramico che domina il lago dall’alto. Si prosegue in prossimità dei resti del castelliere. Nel tratto pianeggiante pannelli didattici raccontano degli eventi bellici del primo conflitto. Il sentiero che scende verso sinistra riporta a Casa Cadorna e da lì si rientra al centro visite ripercorrendo il tratto dell’andata.
PORDENONE
Seguendo il Noncello si entra in città, tra i vecchi ruderi dei cotonifici
📍 TREKKING: Partenza e Arrivo: Ponte di Adamo ed Eva (Pordenone). 🗺️ LUNGHEZZA TOTALE: circa 9 chilometri ⌚ DURATA: 2 ore circa ⚠️ NOTA: Percorribile anche in bicicletta
Le acque scorrono limpide e tranquille a Pordenone, presso il ponte di Adamo ed Eva. Lo chiamano così, anche se le statue raffigurano Giove e Giunone. In riva al Noncello comincia un itinerario tutto urbano, alla scoperta dell'articolato sistema fluviale in città. Nel Medioevo il primo nucleo di Portus Naonis, "Porto sul Noncello", si è sviluppato proprio grazie allo scalo fluviale.
Si prende la ciclopedonale tra via Riviera del Pordenone e il corso d'acqua. Alla rotonda si va dritti e si imbocca via Martiri Concordiesi. Dalla fitta vegetazione sulla sponda opposta spunta la ciminiera del cotonificio Amman, in rovina, testimonianza di quando il capoluogo friulano era detto la "Manchester del Friuli". La nascita di grandi industrie tessili è stata favorita, a metà dell'Ottocento, proprio dalla presenza del Noncello, che garantiva forza motrice costante.
Si entra nel parco del seminario che, con prati stabili, rogge, siepi, alberi, sentieri e vialetti abbracciati dal fiume, è un pezzo di campagna in città, esempio di come si presentava un tempo il paesaggio della pianura friulana.
Seguendo il vialetto principale, si prende il sottopasso della Pontebbana e si prosegue in direzione del quartiere di Torre dove si scorgono i ruderi di un altro cotonificio. Superato il ponte ciclopedonale, continuando vicino all'acqua, si imbocca la stradina che conduce alla chiesa dei Santi Ilario e Taziano. Non lontano, in una zona umida con la tipica vegetazione delle risorgive, ci sono i resti di una villa romana databile tra il I e il IV secolo d.C. Per entrare nell'area archeologica, a ingresso libero, si gira a destra in via Bellasio e subito di nuovo a destra. Da non perdere è anche la visita al parco del Castello di Torre e al museo archeologico.
Ora l'itinerario prevede circa due chilometri su asfalto, in via Vittorio Veneto e via Carnaro, fino al semaforo, dove si prende a sinistra e si procede su ciclopedonale fino all'ingresso del parco di San Valentino, nell'area di risorgenza della roggia Vallona, dal cui sbarramento nasce il laghetto della ex cartiera Galvani. L'itinerario continua a sinistra, in via Fontane, seguendo l'indicazione per il parco di San Carlo e il laghetto artificiale, da secoli usato per fornire energia.
Oltre il lago, si segue il percorso ciclopedonale lungo la roggia, che attraversa viale Libertà, passa accanto ai laghetti Tomadini e conduce al parco Galvani per via del Maglio. Anche qui c'è uno specchio d'acqua, circondato dai roseti del Museo Itinerario della Rosa Antica. Uscendo su viale Dante, si gira a sinistra e, alla rotonda, a destra: si chiude così l'anello
VERZEGNIS
Fra le cascate dell'Arzino domenica la natura selvaggia: solo boschi e acque pure
📍 TREKKING: Partenza: Località Chiavalarias, lungo la Sp1 (Verzegnis). Arrivo: le sorgenti dell'Arzino, il "Fontanone" 🗺️ LUNGHEZZA TOTALE: circa 5 chilometri (solo andata) ⌚ DURATA: 1 ora e un quarto ⚠️ NOTA: Dislivello 200 metri
La natura selvaggia domina in Val d'Arzino, terra di boschi e acque pure. Lungo i ventotto chilometri del torrente abitano ormai poco più di settecento persone, divise nelle varie frazioni del comune di Vito d'Asio. Nella parte alta, dove si svolge l'itinerario, l'Arzino non è interessato da alcun tipo di pressione antropica e la sua qualità ambientale è elevata.
Per raggiungere l'attacco della passeggiata bisogna risalire quasi tutta la valle in direzione della Carnia, fermandosi poco dopo il cartello che indica l'inizio del Comune di Verzegnis, in corrispondenza del primo tornante.
C'è una freccia in legno con scritto: "Cascate dell'Arzino". Si imbocca la strada forestale in discesa e quasi subito ci si trova al cospetto del torrente. Si passa sulla sponda opposta attraversando il ponte e si risale in parallelo al corso d'acqua, ora allontanandosi ora avvicinandosi. Si supera senza difficoltà un guado su un affluente dell'Arzino e si continua in quota. Alla stessa altezza, sul lato opposto, tra gli alberi, si scorge il borgo di Pozzis, noto per il suo ultimo abitante: Alfeo Carnelutti detto 'Cocco', protagonista nel 2021 del film Pozzis Samarcanda, del regista friulano Stefano Giacumuzzi.
L'itinerario procede per circa un chilometro e mezzo costeggiando il torrente, in un tratto pianeggiante e rilassante. Poi, appena riprende la salita, i salti d'acqua disegnano angoli mozzafiato, via via più sorprendenti. Un percorso attrezzato consente di avvicinarsi alle cascate e di percepire da vicino la potenza dell'acqua che cade. Giunti al ponte, si passa sulla sponda opposta, dove tracce di sentiero consentono di restare vicino al torrente, che qui forma una serie di pozze paradisiache.
Per proseguire fino alla sorgente, è necessario allontanarsi dal corso d'acqua, prendere la forestale che conduce alla strada asfaltata e girare a sinistra. Dopo circa trecento metri, si gira ancora a sinistra scendendo verso il torrente alla prima svolta possibile. Qui non c'è un sentiero segnato, si supera senza difficoltà un piccolo corso d'acqua, si attraversa un prato umido e si entra nel bosco, dove si ritrova l'Arzino. Lo si segue fino alle sorgenti in località Fontanon: qui l'acqua sgorga dalla terra e forma un'incredibile cascata di muschio. Si rientra per lo stesso percorso.
CORNINO
Qui il Tagliamento regala il piccolo lago di Cornino dove vola il grande grifone
📍 TREKKING: Partenza e Arrivo: Riserva del Cornino (Fagagna). 🗺️ LUNGHEZZA TOTALE: 6 chilometri ⌚ DURATA: 4 ore ⚠️ NOTA: Dislivello 50 metri
Fra i comuni di Forgaria e San Daniele, il Tagliamento offre due belle e facili escursioni alla scoperta di due aree di grande interesse naturalistico: la Riserva naturale del lago di Cornino e il biotopo con la cascata dell’Acqua Caduta nei pressi della stretta di Cimano.
Il laghetto di Cornino, dalle limpidissime acque color turchese, si trova ai piedi del monte Prât a poca distanza dall’abitato di Cornino e dal Centro visite della riserva naturale regionale, dove si può parcheggiare l’auto.
Qui è stato avviato con successo un progetto di reintroduzione del grifone, un rapace di grandi dimensioni – la sua apertura alare può raggiungere i tre metri – che è diventato una presenza abituale della zona, dove è facile vederlo volteggiare. Non sono: questa è l’unica area di tutto l’arco alpino dove questo mitico avvoltoio ha ripreso a nidificare e proprio in questo periodo i nidi ospitano i piccoli, che si preparano a spiccare il volo dopo alcuni mesi di accudimento da parte dei genitori.
Dal centro visite con un binocolo è possibile osservare questi giganteschi rapaci volare sfruttando le correnti ascensionali, ma alcuni volatili sono spesso ospitati nelle gabbie all’esterno: si tratta di animali feriti e in fase di recupero.
All’interno la mostra illustra le caratteristiche di questi animali, la loro diffusione in Europa e la straordinaria storia del loro ritorno e insediamento in Friuli. Dal centro visite l’escursione può cominciare dirigendosi al punto panoramico oltre la strada Cornino-Peonis, che si oltrepassa grazie a una passerella in legno.
Si risale una collinetta e in cima ci si gode la vista del bianco letto di ciottoli del Tagliamento, che divide con la sua vastità e imponenza le Prealpi Carniche dalla Giulie: per le prime, sullo sfondo, ecco il monte Brancôt, per le seconde si vedono i monti Plauris e Cjampon.
Ma il panorama abbraccia anche il Colle di Osoppo, il Monte di Ragogna, i colli morenici, Susans e il suo castello.
Scendendo dal belvedere, imbocchiamo il percorso a sinistra e, se vogliamo, possiamo dirigerci verso il letto del fiume svoltando a destra e incontrando la vegetazione ripariale di salici e ginepri. Oppure, verso sinistra, il sentiero prosegue fino a passare nuovamente la strada asfaltata e raggiungere il piccolo lago di origine carsica, diviso dall’alveo del Tagliamento da un accumulo roccioso forse originato da una frana ai tempi della fine dell’ultima glaciazione: le rocce impediscono il deflusso delle acque di risorgiva nel fiume e alimentano questo specchio d’acqua in maniera costante.
Lungo circa 150 metri, profondo 8, ha una temperatura dell’acqua che va dai 9 agli 11 gradi, il che sconsiglia il tuffo (ma comunque la balneazione è vietata). Il colore, stupefacente, non è dato solo dalla purezza ma anche dai riflessi della vegetazione e da microscopiche alghe azzurre. Insomma, un vero gioiello naturale. Il sentiero percorre il roccioso perimetro nord e risale fino alla strada e infine al centro visite
ANDREIS
Andreis tra le acque è come un’isola dove il tempo si è preso una pausa
📍 TREKKING: Partenza e Arrivo: Chiosco al Pical (Andreis). 🗺️ LUNGHEZZA TOTALE: 8,5 chilometri ⌚ DURATA: 2 ore ⚠️ NOTA: Dislivello 300 metri, si raccomanda uso di scarpe da trekking
Borgo da cartolina nel Parco delle Dolomiti friulane, Andreis è attraversata da rii e torrenti: Alba, Ledròn e Susaibes sono i principali. Confluiscono nel Molassa e poi nel Cellina. Le acque rendono il paese quasi un'isola, dove il tempo sembra essersi fermato. L'itinerario inizia vicino al chiosco Al Pical, lungo la strada principale. Si segue a piedi questa strada per circa un chilometro, in direzione di Andreis. Al bivio si continua dritti per Bosplans, si passa il ponte e si prende il sentiero in salita per forcella Crous, che significa "croce". Ci si immerge nel bosco, camminando tra i muretti a secco che per secoli hanno segnato il percorso dei viandanti diretti dalla pianura in Valcellina.
Il sentiero raggiunge la fontana di Bosplans, a cui il poeta andreano Federico Tavan ha dedicato una poesia nella parlata locale. Si incontrano alcune case caratterizzate dai tipici dalz, i ballatoi esterni in legno. Alla chiesetta, si prende a sinistra, per poi svoltare a destra in via Bosplans. Superato un gruppetto di case e un edificio abbandonato, si scende per il sentierino a sinistra, guidati dal rumore del rio Carpinedo.
Una stradina costeggia il corso d'acqua e termina in un piazzale accessibile anche in auto, utile per chi viene a prendere il sole. Qui una passerella in legno consente di attraversare il rio e salire per la strada bianca verso la base scout. Sulla sinistra si incontrano due sentieri: ci si dirige verso Andreis, a destra, in discesa nel bosco fino a un ponticello in legno che attraversa un piccolo corso d'acqua. Oltre, si prosegue con saliscendi tra gli alberi, fino alla confluenza tra il rio Carpinedo, il torrente Susaibes e Alba.
Si prende il ponte pedonale in cemento in cima al sentiero e, giunti sulla riva opposta, si può fare una piccola deviazione per vedere una fornace recentemente ristrutturata sul greto. L'itinerario invece prosegue a destra, verso Sott'Anzas. La via, in salita, incrocia una strada bianca e procede fino alla strada asfaltata, dove si gira a destra.
Al bivio, si continua a salire e, terminata la curva, si prende il sentiero che si stacca sulla destra fino alla stradina asfaltata, dove si gira ancora a destra. Si sbuca presso le scale che portano alla chiesetta di San Daniele e al balcone sul paesaggio di faglia della linea Barcis - Staro Selo, sito geologico di importanza regionale.
Dalla chiesa, si torna indietro fino al bivio, dove si prende il sentiero CAI 979 a destra, raggiungendo il Centro di recupero con le voliere per rapaci feriti del Parco.
Ora si prende la strada forestale a destra, in piano nel bosco, si attraversa il ponticello e si ricomincia a salire per un sentierino, a sinistra. Si passa per il cortile di una casa - un cartello avvisa che il passaggio è consentito -, e si entra nel paesaggio lunare disegnato dai movimenti tettonici legati alla linea Barcis - Staro Selo, con rivoli d'acqua che scendono tra le pietre. Si risale per prendere un ampio sentiero, a sinistra, si supera un guado e si raggiunge la strada asfaltata.
La si attraversa e si segue la via che costeggia il torrente Ledròn, fino al chiosco Al Pical, chiudendo l'itinerario ad anello. Poco a valle, il Ledròn entra nell'Alba.
DUINO
Nel misterioso Timavo i segreti degli abissi e le tante tracce lasciate dalla Storia
📍 TREKKING: Partenza: San Giovanni (Duino). 🗺️ LUNGHEZZA TOTALE: 6,5 chilometri ⌚ DURATA: 3 ore ⚠️ NOTA: Dislivello 30metri, punto d'appoggio consigliato è il Villaggio del pescatore
Leggende, storia e spiritualità si intrecciano dove le acque del fiume Timavo riemergono dopo un lungo percorso sotterraneo in parte ancora misterioso. Negli ultimi anni varie spedizioni speleosubacque hanno cercato di svelare i suoi segreti scoprendo nuove gallerie.
Le risorgive si trovano nei pressi di San Giovanni di Duino; maestosi cipressi, platani, salici e pioppi invitano a scoprire la natura di questo luogo magico. Un pannello informativo indica i punti di maggiore interesse, a partire dalle bocche da cui sgorgano le acque con il loro bel colore verde-azzurro. Da visitare la chiesa di San Giovanni in Tuba, se si ha la fortuna di trovarla aperta: quando il fiume è in piena affiora sui mosaici di età paleocristiana visibili nel presbiterio; felci e altre piante prosperano grazie all’umidità.
La strada bianca principale conduce alla zona in cui le acque si riuniscono a formare il fiume che scorre in superficie; è possibile seguirlo in parte del suo ultimo tratto, prima che sfoci in mare. Lungo gli argini si nota la vegetazione tipica dei suoli alluvionali; muretti a secco delimitano terreni coltivati a vigneto.
Esplorati i dintorni delle risorgive, è tempo di affidarsi al segnavia giallo-arancione che guida sul sentiero storico naturalistico di Punta Bratina. Il percorso è semplice ma molto ricco di punti di interesse che testimoniano la storia di questi luoghi. Un masso indica l’antica strada romana: sono ancora visibili i solchi scavati dalle ruote dei carri.
Il segnavia porta verso la boscaglia carsica e guida verso i resti di postazioni militari, grotte e ripari, bunker. Si cammina in lunghe trincee scavate nella roccia, immaginando la dura vita dei soldati: sono le opere difensive costruite dagli austriaci per arrestare l’avanzata italiana verso Trieste durante la Grande Guerra. In autunno lo scotano tinge il promontorio del suo rosso acceso, a ricordare gli eventi bellici. In primavera e in estate il verde brillante della vegetazione e la quiete contrastano con la drammaticità della storia che ha travolto questi luoghi.
Nel suo percorso il sentiero conduce a punti panoramici sulla baia del Villaggio del Pescatore, borgo costruito negli anni ’50 per ospitare famiglie di pescatori esuli giuliani e dalmati. Una deviazione conduce al centro abitato, dove è allestita la mostra permanente "Storia e Preistoria attorno al Timavo" gestita dal gruppo speleologico Flondar.
Proseguendo sull’itinerario principale si attraversano zone più aperte dove prevalgono gli arbusti come scotano e ginepro; dalla primavera all’autunno si possono ammirare le fioriture in ciò che rimane della landa. Un imponente leccio secolare cattura l’attenzione e ricorda la vicina presenza del mare. Il giro si conclude ritornando al punto di partenza; può essere iniziato anche dal Villaggio del Pescatore.
Dal borgo, inoltre, la strada che costeggia il Canale della Peschiera conduce direttamente alla zona delle risorgive. Un occhio attento noterà altri segnavia: come un tempo, questo è ancora un importante punto di passaggio, percorso da lunghi cammini come Alpe Adria Trail, Via Flavia, il sentiero CAI n. 1 che attraversano l’intero territorio triestino.
SAN PIETRO AL NATISONE
Il fiume che sconfina porta al cammino delle chiesette tra borghi e boschi
📍 TREKKING: Partenza e Arrivo: San Pietro al Natisone 🗺️ LUNGHEZZA TOTALE: 6 chilometri ⌚ DURATA: 2 ore ⚠️ NOTA: Dislivello 100 metri
Un fiume che dà il nome a un intero territorio, le Valli del Natisone. Zone ancora oggi piuttosto selvagge, e magiche, con decine di piccoli borghi antichi fra i boschi fitti, dove anticamente scorrazzavano folletti e misteriose creature, come le krivapete, donne con i piedi all’indietro e i capelli come cespugli. Femmine libere e sapienti, si dice, e per questo demonizzate. Fiume che sconfina, il Natisone: nasce in Italia (vicino a Prossenicco, frazione di Taipana) e poi per una decina di chilometri scorre in Slovenia, rientrando in Friuli a Stupizza. Conclude il suo corso gettandosi nel Torre a Trivignano, dopo il bel passaggio a Cividale sotto il Ponte del Diavolo. Nelle Valli riceve le acque di Alberone, Cosizza, Erbezzo e mostra i suoi tratti più suggestivi quando scorre nelle forre di roccia scavate dalle acque.
Per conoscerlo da vicino, un percorso facile e suggestivo è l’anello di fondovalle San Pietro-Biarzo, proposto dalle guide di ForEst, che negli ultimi mesi hanno tracciato il Cammino delle 44 Chiesette Votive, percorso ideato dalla Pro Loco Nediške Doline. Parte della prima tappa, da Cividale a Tiglio, coincide con un tratto dell’anello che qui raccontiamo.
Si parte da San Pietro al Natisone, uno dei capoluoghi delle Valli, dove ha sede il bellissimo Museo multimediale del Paesaggio Smo. Cominciamo il cammino dalla chiesa di San Pietro Apostolo e da qui imbocchiamo la ciclabile che conduce a Sorzento passando dal borgo di Becis. Sorzento è un paese caratteristico con belle case e una fontana al centro. Da qui si sale per visitare la cinquecentesca chiesetta di San Nicolò Vescovo. Va detto che le chiesette sono generalmente chiuse per proteggerle dai furti visto che sono isolate (info alla Pro Loco per la visita).
Poi, seguendo i segnavia del Cammino delle 44 Chiesette, si ritorna nel fondovalle e per i campi si giunge a Santa Dorotea, la vecchia chiesa di Ponteacco. Il percorso prosegue scendendo fino alla strada statale, che si attraversa, prendendo poi il Sentiero del Parco dei Ciclamini, curato dalla Pro Loco di Ponteacco.
Il sentiero scende nel fiume costeggiando le tipiche rocce di conglomerato, che sono le antiche ghiaie fluviali cementate. Siamo dunque entrati nella forra scavata dalle acque: qui il fascino del Natisone è indiscusso. Proseguendo si arriva al riparo di Biarzo, sito archeologico di grande interesse dove sono state trovate tracce preistoriche di presenza umana. All’altezza del mulino, c’è una delle spiagge più popolari sul fiume, molto frequentata in estate.
Una stradina conduce poi nel paese di Biarzo e da qui, riattreversata la statale, si ritorna Sorzento e quindi a San Pietro.
MUZZANA
Nella Silva Lupanica con aironi, volpi e caprioli: qui la foresta sfiora il mare
📍 TREKKING: Partenza e Arrivo: Zona Turunduze, a tre chilometri da Muzzana, lungo la strada che porta Marano 🗺️ LUNGHEZZA TOTALE: 4chilometri ⌚ DURATA: 1 ora e mezza ⚠️ NOTA: Dislivello assente, tutto il percorso può essere attraversato anche in bicicletta
Un habitat speciale, unico, perché di foreste vicino al mare ne sono rimaste poche. Il fascino dei boschi planiziali di Muzzana del Turgnano, è dato dalla loro storia e da quello che vi si può trovare: specie arboree e animali che altrove sono ormai rari o scomparsi. Cominciamo dalla storia.
Il nome popolare è un indizio: Silva lupanica, ovvero “il bosco dei lupi”. Qui nell’antichità i grandi carnivori, e di certo non solo il lupo, erano tanti, potendo nascondersi nella fitta foresta che li ospitava. Lupi non ce ne sono più (almeno per ora, visto che l’animale sta ripopolando sia le Alpi sia la Pianura Padana) ma l’ambiente è sufficientemente selvaggio per ospitare volpi e caprioli, gufi e aironi.
Oggi dell’antica selva ininterrotta dall’Isonzo al Livenza non rimangono che pochi lembi, e quello di Muzzana è il più ampio, pari a circa 300 ettari. Si tratta di un Sic, un sito di interesse comunitario appartenente alla rete Natura 2000 perché è fra gli ultimi testimoni sul suolo italiano della selva padana, che ricopriva l’intera fascia costiera adriatica prima dei disboscamenti a opera dell’uomo.
L’area boscata è divisa in due parti, che si trovano a sud del paese, a poche centinaia di metri dal sistema costiero della laguna di Marano. Uno è il Bosco Baredi / Selva di Arvonchi, di proprietà collettiva, l’altro è il Bosco Coda di Manin, di proprietà privata. Nel primo è stato creato un percorso ad anello con sentieri e cartelli indicativi che si può compiere in circa un’ora e trenta a piedi alla scoperta delle piante e degli animali che lo abitano: se vi sarà difficile individuare fra farnie, olmi e frassini caprioli e volpi (ma ci sono), potrete invece con un po’ di attenzione incrociare lepri e scoiattoli, ascoltare il gracidio della rara rana di Lataste e il dolce canto di un usignolo.
La partenza è nell’area picnic di Turunduze circa 3 chilometri a sud di Muzzana, accanto al canale Cormôr dove si può lasciare l’auto. Una strada bianca costeggia il lato meridionale del bosco.
Dopo circa 500 metri, un ponticello di legno sulla destra porta al sentiero “Arzarin”, un antico argine che serviva per trattenere le acque della vicina laguna e che attraversa il cuore del bosco Baredi fino a imboccare, sulla sinistra, il sentiero “Soreli jevât” che porta verso ovest e la zona di Arvonchi, collegandosi allo “Stradon di miez”, la strada di mezzo fra le due aree boscate che si percorre verso sud. In fondo si gira a sinistra e ci si avvia verso l’uscita. Per tornare al parcheggio, si svolta nuovamente a sinistra. Lungo quest’ultimo tratto è possibile allungare il percorso imboccando, sulla destra, il sentiero “Ces dale bancjdiele” che porta fino al Turgnano, fiume di risorgiva un tempo navigabile dove sono state rinvenute anfore di epoca romana. Tutto il percorso può essere attraversato anche in bicicletta.
Dall'Isontino al Livenza, dalla val Raccolana alla val Rosandra. Vi portiamo con noi in quattro itinerari da scoprire con immagini e il video racconto di Diego Cenetiempo e delle nostre guide.